Una piccola città in Repubblica Ceca. Irina è un'immigrata ucraina, madre single. Un giorno suo figlio Igor, promettente ginnasta, viene aggredito e ferito gravemente. La polizia indaga sul fatto, mentre l'intera comunità si erge solidale con la donna e suo figlio, condannando i loro vicini rom, apparentemente responsabili dell'aggressione. Ma quando il ragazzo si risveglia in ospedale inizia ad emergere una nuova verità su quell'incidente.

Candidato dalla Slovacchia per i prossimi premi Oscar, Victim (Obet') è il lungometraggio d'esordio di Michal Blaško (autore sempre nel 2022 della miniserie Podezření - Suspicion), su sceneggiatura di Jakub Medvecký: dramma incentrato su una donna che cerca giustizia in una società razzista, combattuta tra la famiglia e la ricerca della verità, il film - già negli Orizzonti di Venezia 79 e ora in concorso alla XXVI edizione del Tertio Millennio Film Fest - indaga con rigore, sia estetico che morale, le possibili derive di una "manipolazione" che dà il via ad una serie di conseguenze via via sempre più incontrollabili.

Victim - Foto di Adam Mach
Victim - Foto di Adam Mach
Victim - Foto di Adam Mach

"Entrambe le linee narrative, quella madre-figlio e quella individuo-società, sono intimamente connesse, si sovrappongono costantemente e si influenzano a vicenda", spiega il regista, che mette sulle spalle della ben più che credibile Vita Smachelyuk il peso di un macigno che diventa sempre più gravoso da sostenere.

L'iter di quella bugia è analogo a quello di una valanga: Irina diviene così la mascotte (il burattino, alla lunga) di una realtà che decide di "sfruttarne" il dramma, tanto dal punto di vista mediatico (la sindaca della città che si fa immortalare con lei, che le promette una buona parola per la nuova richiesta di cittadinanza, oltre ad una sorta di risarcimento in denaro e una nuova casa in una zona meno problematica della città...) quanto dal punto di vista politico, con l'organizzazione di una marcia "in suo nome" - organizzata da un ex abitante di quel quartiere - il cui vero obiettivo è quello però di rimettere al centro della discussione teorie di matrice xenofoba.

Il regista Michal Blaško - Foto Paul Grandsard
Il regista Michal Blaško - Foto Paul Grandsard
Il regista Michal Blaško - Foto Paul Grandsard

Ecco, l'aspetto veramente interessante dell'opera di Blaško è proprio questo, il tentativo di ragionare su una (delle possibili) verità, una versione dei fatti capace di coinvolgere una serie di minoranze, dagli immigrati ucraini ai Rom, passando per gli estremisti locali, e come questa versione dei fatti (falsa) finisca per scatenare una reazione a catena. E il meccanismo, sembra suggerire il film, potrebbe non interrompersi neanche rendendo nota la verità.

Perché della verità, in fondo, non interessa a nessuno. Ed è una riflessione, quella di Victim, che travalica i confini d'ambientazione del film, allargandosi a macchia d'olio sull'attuale situazione sociopolitica dell'Europa tutta.