“Stanno accadendo cose mai accadute nella storia di Sanremo”, dice Amadeus all’una meno dieci della seconda serata del Festival di Sanremo (il ritardo in scaletta è già di mezz’ora). Lo spettatore pensa al raptus – concordato o meno non importa – di Blanco e all’invettiva di Fedez sulla nave dello sponsor Costa Crociere, ma anche al clamoroso arrivo all’Ariston di Sergio Mattarella (prima volta per un presidente della Repubblica).

Amadeus fa il serio, invita “i moralisti, gli animi più sensibili, quelli che si indignano” a cambiare canale per setto o otto minuti, così “noi ridiamo e voi non brontolate”. Celentaneggia, leggendo il gobbo e guardando in camera, punta il dito al pubblico come quando scandiva cinquento-dodici-milioni: “È una vostra scelta libera”.

Vediamo Gianni Morandi in platea: il monumento nazionale, il co-conduttore che rassicura il direttore artistico (ragazzi, sembra dirci, è una gara di canzoni), alleggerisce i toni (l’ingresso con la scopa dopo il casino di Blanco è un pezzo da maestro), ha una buona parola per tutti, dà il cinque ai giovani (il Fantasanremo sta diventando una piaga), si mette in prima fila per legittimare il corpo estraneo invitato sul palco più istituzionale d’Italia. Tutto perché sta arrivando “un comico particolare” (prima o poi bisognerà promuovere una moratoria sull’utilizzo di questo termine): urticante, immorale, scorretto.

Con un preambolo del genere uno si aspetta Ricky Gervais. E invece arriva Angelo Duro.

Intendiamoci: Angelo Duro è uno che riempie i teatri, i suoi sketch sono molto diffusi in rete (quasi 2 milioni di seguaci su Facebook, il social più boomer, meno di 500mila su Instagram), bazzica il mondo dello spettacolo da parecchio (Le Iene in tv, uno sfortunato passaggio al cinema come spalla di Fabio De Luigi in Tiramisù), ha un estimatore di peso (Fiorello). È normale che una vecchia volpe come Amadeus (vero erede di Pippo Baudo, ma con meno esuberanza istrionica e una tendenza all’ingerenza ben più sottile del patriarca di Militello) lo abbia chiamato a Sanremo come unico ospite comico dell’annata.

Non ci scandalizza niente, figuriamoci un comico che ostenta il “politicamente scorretto” come biglietto da visita. Checco Zalone, che era l’ospite comico di punta dell’anno scorso e ha certamente un peso specifico diverso, non ha bisogno di etichette scandalose e parafrasi preventive. Angelo Duro ha un tono programmaticamente cinico, un passo greve e perfino faticoso nello snocciolare il copione sarcastico, cerca disperatamente di mettere a disagio il pubblico borghese ma finisce per creare imbarazzo per un banalissimo problema di scrittura: ogni linguaggio ha bisogno dello spazio adatto, il luogo incide sulle tempistiche, l’atmosfera è complice di chi domina il palco e di chi ci sta di fronte. Se l’ambizione era fare un intervento di rottura, diciamo che si è rotto altro, di certo non il tetto di cristallo dell’istituzione

Poi, certo, la stand up comedy italiana sta vivendo un periodo talmente florido, ricco ed eterogeneo che ricorrere a un personaggio come Angelo Duro ci desta perlomeno più di un dubbio, anche perché in queste quattro edizioni Amadeus ha dimostrato, sul piano musicale, una curiosità, una disponibilità, un’audacia davvero inedite per Sanremo. Qualche nome: Giorgio Montanini (poi vediamo cosa vuol dire “essere scomodi”), Valerio Lundini (comunque arruolato da Radio 2 per una divertente oretta pomeridiana che piega il dovere aziendalista all’hellzapoppin’), Edoardo Ferrario, Luca Ravenna, Stefano Rapone, Michela Giraud, Francesco De Carlo.

“La mia carriera è finita” finge di lamentarsi Amadeus alla fine dell’intervento. “Hai sentito l’intervento di Angelo Duro?” ha chiesto l’adorabile Morandi a Francesca Fagnani co-conduttrice della serata. “L’ho sentito”, ha risposto lei. Senza aggiungere altro, perché l’imbarazzo non va spiegato.