“Mi sembra di ricordare di aver affermato in qualche altra occasione che il compito del narratore, a mio vedere, è anzitutto quello di rappresentare. Un libro che si apre è come un sipario che si alza: i personaggi entrano in scena, la rappresentazione comincia.”, ha scritto una volta Fausta Cialente. Alziamo quindi il sipario su di lei, nell’attesa che si alzi davvero su uno dei suoi romanzi più controversi: Natalia.

Fausta Cialente è, tra le scrittrici che hanno portato avanti in Italia il femminismo moderno, forse la più complessa, cosmopolita e irregolare. Nel 1976 ha vinto il premio Strega con il romanzo Le quattro ragazze di Wieselberger, basato sulle sue memorie familiari, mentre con il bellissimo Cortile a Cleopatra parlava di un mondo che conosceva bene, quello di Alessandria d’Egitto, dove aveva vissuto.

Natalia è un romanzo del 1927 ed è davvero coraggioso: narra la vita e la storia di Silvia e Natalia e del loro amore proibito. È ambientato negli anni Venti, ma soprattutto in un mondo onirico, pieno di visioni, in cui la realtà appare per frammenti, ma l’Italia dell’epoca non è pronta a niente di tutto questo né da un punto di vista etico né sotto il profilo della sensualità: verrà chiesto all’autrice di apportare alcune modifiche al romanzo, quel rapporto tra donne è troppo sconveniente. L’autrice si rifiuterà e il romanzo finirà in un angolo per molto tempo.

“Quando l’editore mi rimandò al Cairo il libro con i tagli della censura, tutti segnati in bell’inchiostro rosso, mi accorsi che con uguale attenzione erano state soppresse le pagine critiche verso la guerra e la sua utilità”, scrive. Probabilmente il suo poco successo e la scarsità di lettori che ha anche oggi, nonostante i riconoscimenti letterari in vita non le siano mancati, sono anche dovuti al fatto che ha vissuto lontano dall’Italia per moltissimi anni, ma questa distanza le ha anche fornito quella fase di coraggio in più per raccontare liberamente ciò che desiderava.

Sempre avanti rispetto ai tempi, sensibile e capace di raffigurare l’animo umano con singolare complicità, Cialente incastra i suoi personaggi all’interno di snodi storici importanti e paesaggi significativi. Per quasi trent’anni visse in Egitto, conobbe importanti intellettuali e fondò il circolo culturale “Atelier”, era una militante impegnata sul fronte dell’antifascismo con il Giornale d’Oriente, diresse e condusse un programma su Radio Cairo in risposta alla radio ufficiale del partito fascista italiano, entrando in contatto con Togliatti e altri fuoriusciti fondò un settimanale di informazione per prigionieri di guerra italiani distribuito in Egitto e in Tripolitania.

Nel 1947 tornò in Italia, e si dedicò all’attività di traduttrice, firmando tra l’altro le edizioni italiane di Piccole donne e Piccole donne crescono di Louise May Alcott, e Giro di vite di Henry James. Scrisse molto anche come giornalista, occupandosi soprattutto della condizione femminile, denunciando ingiustizie e disparità. Scrisse un reportage sulle mondine, uno sulle artigiane della costa marchigiana, uno sulle contadine toscane costrette a lavorare anche in stato di gravidanza avanzata, sottolineò il contributo femminile nella lotta partigiana.

Le sue protagoniste femminili (nei romanzi come negli articoli) rivelarono, ognuna a suo modo, le difficoltà che le donne affrontarono per ottenere un ruolo dignitoso nella società del tempo. Natalia fu ristampato in lingua originale soltanto nel 1982, finalmente libero dalla censura. È un libro così profondo e che contiene tante istanze che è difficilissimo ridurlo al semplice rapporto tra la protagonista e Natalia, che pure è centrale; ricavarne un film richiederebbe un cast molto più variegato e la capacità di selezionare attori, anche maschi, in grado di portare istanze e sfumature.

Ecco, io continuo a sognare questa storia sullo schermo, anche come vendetta e compensazione della censura che tentò di annientarlo, ma forse il vero film è la vita, tutta, di Fausta Cialente, dimenticata come quella di troppe scrittrici fondamentali del nostro Novecento.