Una volta, un po' di tempo fa, dissi a un'amica ateniese che uno dei miei libri preferiti era La tigre in vetrina, di Alki Zei. Sorrise e mi rispose che in Grecia tutti lo avevano letto, e che quel romanzo era il piccolo grande romanzo di formazione di tutte le bambine comuniste. Disse proprio così, senza timore di usare una parola desueta.

Aggiunse che si leggeva a scuola, e io pensai a che meraviglia fosse occuparsi tra i banchi di una storia che, nel mezzo della Storia con la maiuscola, più che dare grandi insegnamenti di libertà racconta cosa sia davvero la dittatura per i bambini, anche in modo comico: quando la Grecia viene ribaltata da una dittatura militare, una delle due sorelline protagoniste si preoccupa soprattutto di compiacere gli insegnanti e quindi si spaccia per una perfetta obbediente (questa parte del libro mi ha sempre ricordato un pezzo in cui Umberto Eco riporta uno stralcio da un suo tema in cui, da scolaro, vuole a tutti i costi presentarsi come un inappuntabile balilla). Inoltre, poiché i grandi sono occupati a discutere di come salvare la democrazia, quell'estate si configura come un inaspettato e sconfinato spazio di libertà.

I due personaggi più belli sono il nonno, che parla di classici e rappresenta la continuità con la Grecia che tutti conosciamo e studiamo, pure se in un mondo anacronistico, e un cugino che si dedica a combattere in difesa del proprio paese e dei diritti di tutti, e lascia ogni tanto dei misteriosi messaggi scritti in dei foglietti che lascia nella bocca di una tigre impagliata nella vetrina del salotto. E poi protagonista è l'isola dove la famiglia delle protagoniste fa le vacanze, un'isola di mare selvaggio, di natura e insetti amici.

Illustrazione di Mara Cerri
Illustrazione di Mara Cerri

Illustrazione di Mara Cerri

Quando scrisse questo bellissimo romanzo, Alki Zei non pensava di scrivere un libro per l'infanzia. Stava semplicemente mutuando la sua esperienza di vita, i suoi ricordi di quell'estate del 1936, e poiché lei e sua sorella erano bambine, allora anche le protagoniste del libro lo sono, e tutto il romanzo ha la forma e i colori dell'infanzia, ma non ne ha l'edulcorazione che a volte scappa agli adulti. Melissa e Myrti, le due sorelle, sono due volti della stessa visione dell'infanzia. Oggi, come mi ricorda la mia amica ateniese, La tigre in vetrina è un classico amato da tutti, ma c'è stato un tempo in cui la sua autrice, un'intellettuale militante che per le sue idee antimilitariste è stata a lungo esule, non poteva nemmeno essere nominata nel suo paese.

Alki Zei era nata ad Atene nel 1925, aveva studiato filosofia, teatro e sceneggiatura. Il suo attivismo, le sue lotte per la giustizia sociale e la democrazia la costrinsero a vivere da rifugiata politica, in Italia, in Unione Sovietica e a Parigi, fino alla ricostituzione della repubblica parlamentare in Grecia, nel 1974. Solo quando la situazione migliorò poté tornare nel suo paese, dove i suoi libri cominciarono a circolare ottenendo uno straordinario di successo di pubblico e di critica.

Tra gli altri riconoscimenti, ebbe lo State Prize (1992), un Athens Academy Award per la sua intera opera (2010) e la decorazione da parte del Presidente della Repubblica Greca (2015). In Italia il suo romanzo La fidanzata di Achille, pubblicato da Crocetti, ha ricevuto il Premio Acerbi (2002) e La tigre in vetrina il Premio Andersen (2007), cioè il più importante riconoscimento per la letteratura per ragazzi. È stata inoltre più volte nominata per l’Hans Christian Andersen e per l’Astrid Lindgren Memorial Award, i due più noti premi al mondo del settore.

La tigre in vetrina fu pubblicato da Einaudi nel 1978 nella collana di narrativa, in un anno non troppo lontano dalla caduta del regime dei colonnelli. Alki Zei, tornata in patria dall’esilio, poteva finalmente scrivere in piena libertà, affrontando le tematiche che più le stavano a cuore. La dittatura di Metaxàs, metafora di tutte le altre dittature di stampo nazionalista che si sono susseguite in Grecia, ha un'aura di grande freschezza e la forte leggerezza delle storie dell'infanzia quando sono messe a fuoco da adulti.

È una fiaba, ma è anche un dramma. L'interno famigliare piccolo borghese è pittato perfettamente, col padre impiegato, spaventato di perdere il posto di lavoro se si espone troppo, il nonno cultore degli antichi greci con la sua dignitosa e ferma opposizione, la zia Despina, invadente e anacronisticamente monarchica, la domestica Stamatina, simpatica e complice del vero protagonista del romanzo, il cugino maggiore Nikos, ricercato dalla polizia, per la cui visione e visionarietà le bambine stravedono. Nulla di tutto ciò è invecchiato: per fare rivivere questa storia oggi non restano che una regia, un casting e una malinconica allegria.