Non chiedere al poeta. Non a Giovanni Raboni: “Non amo il suo minimalismo, il suo frammentismo, il suo autobiografismo; detesto la sua studiata (ma non per questo meno deprimente) sciatteria formale, il suo rimanere (non m'importa quanto voluto) al di qua, al di sotto di qualsiasi sintassi e di qualsiasi metafora”. Raboni è morto, Nanni Moretti minaccia, via Silvio Orlando, di suicidarsi, ma la testa nel cappio non la infila. Ha vinto lui. E non fa prigionieri.

Sicché Nanni Moretti dirige un film di Nanni Moretti, meglio, Nanni Moretti dirige un film su Nanni Moretti. Meglio ancora, nel metacinema che coltiva come il suo metaverso – l’apprendistato su Instagram ha dato buoni frutti – il regista Giovanni detto Nanni Moretti dirige l’interprete Giovanni detto Nanni Moretti nel ruolo del regista Giovanni. Frattali.

Il sol dell’avvenire è il secondo film consecutivo di Nanni Moretti tratto da un soggetto non originale: in Tre piani era il libro di Eshkol Nevo, qui il cinema di Nanni Moretti.

Ha deciso, dopo cinquant’anni di cinema, di revisionare Dino Risi, che famosamente gli intimava: “Spostati un po' e fammi vedere il film”. Risi è morto, Nanni Moretti, ovvero Giovanni, confessa di prendere da decenni antidepressivi e sonniferi, ma poi si preoccupa epidermicamente – superficialmente? - per la crema viso della figlia. Ha vinto lui. E non fa prigionieri.

Sicché Nanni Moretti sposta un po’ il film e fa vedere sé stesso. Primi piani da fiction strapaesana, divisa (maglioncini, vellutini, camicie) d’ordinanza, Trotskij in parata e Giovanni detto Nanni allo specchio. Sovversivo, meglio, (ceto medio) riflessivo. Meglio ancora, estroflesso.

Tre film - uno sull’invasione sovietica dell’Ungheria vista dalla sezione Antonio Gramsci del PCI di Quarticciolo a Roma; uno da scrivere a partire da Il nuotatore di Cheever; uno immaginato come una storia d’amore lunga 50 anni con tante canzoni italiane – senza soluzione di continuità stilistica: “Le scene brutte non servono a niente”, e allora perché non farne di belle?

Case, libri, auto, viaggi, fogli di partito, l’ironico – sicuri? – sol dell’avvenire è quel che Paolo Zaccagnini invano attendeva in Ecce Bombo: “Ma che stiamo facendo? Ma che sta succedendo? Ma quando vedremo il sole?”. Quarantacinque anni dopo, l’immoto di rivoluzione è intorno al Re Sole, Nanni Moretti. Altro che vocazione maggioritaria, e-vocazione assolutistica, Woody Allen superato in corsia d’emergenza (poetica): “Di Visconti si ricordano le immagini, di Nanni le battute”, stilettava Pasquale Squitieri.

Squitieri è morto, Nanni Moretti recita a soggetto, recita sé stesso: “Voglio lasciare Giovanni – messo in bocca a Margherita Buy epperò ovviamente egoriferito – ma non ci riesco”. Ha vinto lui. E non fa prigionieri.

Sicché Nanni Moretti, icona laica, reliquia in vita, deus ex machina da presa: “La storia non si fa con i se, e chi l’ha detto?”.

Quinta volta consecutiva con Margherita Buy, quinta volta con Silvio Orlando a diciassette anni da Il Caimano, prima volta con Barbora Bobulova in quota esotica, quattordicesima volta consecutiva con Nanni Moretti: “Penso - messo in bocca a Margherita Buy epperò ovviamente egoriferito – ci dovremmo lasciare, sei troppo faticoso”.

Interpellati sulla violenza à la Gomorra, Renzo Piano, Corrado Augias e Chiara Valerio echeggiano il woodyalleniano Marshall McLuhan di Io e Annie: da “il medium è il messaggio” a “Nanni è il film”, pars pro poco.

“L’di un uomo di sinistra, grazie”, gli si offre dalla platea embedded del Nuovo Sacher. “Prego”, risponde Giovanni detto Nanni Moretti. Uno, nessun altro e centomila. Il pubblico – già di merda, Sogni d’oro - è morto, Nanni Moretti vive: “Non ci penso al pubblico, mi piace dire che non ci penso”. Ha vinto lui. E non fa prigionieri.

Sicché Nanni Moretti, Il sol dell’avvenire da incassare e i fascisti – inseguiti dai leoni al Ghetto, scena girata e non montata – da cassare. Venghino sior*.

Che tempo che fa, effetto Serra, splende il Re Sol: “Lo stato dell’arte sono io”. Sicché “Stalin che era un dittatore non lo voglio vedere”, ma Giovanni detto Nanni Moretti (ci) guarda in camera. Su Via dei Fori Imperiali.