“Quando sono stata invitata a fare questo documentario, non sapevo nulla della città partenopea. Per me è stato un privilegio offerto da Rai Cinema. Di solito faccio film di finzione, seguendo una sceneggiatura. Per cui lavorare su questo documentario semplicemente incontrando persone è stata una sfida e una scoperta continua. Con il direttore della fotografia abbiamo fatto uno scouting di due anni tra i quartieri per trovare luoghi dove potessi raccontare storie”.

Trudie Styler e Napoli. Il binomio che non ti aspetti. L’attrice, regista, produttrice, attivista britannica presenta alla Festa di Roma Posso entrare? An ode to Naples, un documentario alla scoperta di meraviglie e ferite di Partenope.

“Il viaggio è durato due anni – spiega ancora la regista – in cui ho scoperto questo grande senso di comunità della città, di umanità nelle contraddizioni e nelle ombre. Ho cominciato semplicemente entrando, entrando nelle strade, nei bassi, nelle case dicendo ai napoletani: ‘May I enter?, May I come into your life?’”

Un senso di comunità ancora più degno di essere celebrato perché “io abito a New York e lì viviamo la vita come un treno espresso, non ci fermiamo per incontrare gli altri. Questa città, invece, è un meltin pot, con uno spirito di comunità diffuso ovunque”.

Ad aprire questo viaggio è una canzone rap di Clementino che parla del “privilegio di poter raccontare in rima l’intera storia di Napoli”. Trudie Styler, poi, ha spiegato l’origine del brano musicale: "Volevo un pezzo che fosse provocante, divertente ed entusiasmante. L’idea era, prima di cominciare il film, di partire dai Greci, dagli antichi Romani, dagli Spagnoli, ai Francesi. Sono andata a cena con Clementino per chiedergli di racchiudere la storia di Napoli in due minuti e lui ha detto subito di sì. Nel film, poi, l’80% per cento della musica  è napoletana, grazie soprattutto a Walter Fasano che non è solo il montatore migliore del mondo, ma anche un grande intenditore di musica“

Anche Francesco Di Leva, che nel doc racconta le attività sociali del teatro NEST, scuola di recitazione da lui fondata nel quartiere San Giovanni a Teduccio, si dice felice “perché finalmente facciamo raccontare Napoli da chi viene da fuori. Noi napoletani quando lo facciamo siamo sempre molto retorici. Trudie (Styler ndr), invece, ha uno sguardo diverso: è riuscita a mettere enfasi sulle persone, sulle loro storie, su una città che vive sotto la minaccia di questo grande Vesuvio”.

Poi ripercorre il suo percorso da attivista: “Io da 45 anni resisto in un quartiere che è il mio, e voglio combattere, non andare via… Per questo sono molto contento che Trudie sia venuta spontaneamente a San Giovanni a Teuduccio a conoscere il teatro Nest. Una realtà di formazione che nasce da un’occupazione di un sito abbandonato tredici anni fa, ed oggi è un fiore all'occhiello per lo studio del teatro non solo a Napoli ma in Italia”.

L’interprete partenopeo, inoltre, in Nostalgia ha incarnato Don Antonio Loffredo, ex parroco della Basilica di Santa Maria della Sanità di cui il doc racconta a lungo l’impegno per il quartiere: “Ho seguito le attività per tre mesi prima del film di Martone. – ricorda l’attore – Stando accanto a lui ho capito che stava costruendo l’esercito del bene. E io voglio farne parte: lui è il generale, io sono un soldato semplice, ma è una persona eccezionale che dà tanto lavoro”.

Infine Paolo Del Brocco, ad Rai Cinema, ha preso parola per manifestare l’onore di aver “partecipato ad un lavoro su Napoli che mostra la purezza e la meraviglia di uno sguardo non italiano sulla vitalità dei napoletani. Come Rai Cinema non potevano non essere partecipi ed entusiasti nell’accostare il nome di Trudie Styler a questa magnifica città. Siamo felici e soddisfatti del lavoro, auspicando che possa avere una visibilità non solo italiana, ma internazionale”.