Piera Detassis è una combattente. Una donna che ama rompere le regole, che non ha paura di gettare il cuore oltre l’ostacolo. L’abbiamo vista in azione molte volte, da inviata in un mondo di uomini, da colonna portante di un mensile, Ciak, che ha completamente ribaltato e fatto brillare nell’olimpo delle riviste di cinema. Da direttore di festival (la Festa di Roma) e poi presidente, una bella e meritata carriera che l’ha condotta direttamente al vertice dell’Accademia dei David di Donatello, un premio che è considerato l’equivalente dell’Oscar.

Piera che cosa significa essere la prima direttrice artistica e presidente dell’Accademia del Cinema Italiano?
È una grande sfida. Con il consiglio direttivo ci siamo dati una mission: il lavoro che facciamo con e per il cinema italiano non si deve concludere in una cerimonia di premiazione. Deve diventare un lavoro costante di comunicazione istituzionale e formazione dello spettatore. Un David, una candidatura significa un finanziamento, un punteggio, quindi ha molta importanza all’interno dell’industria. È un lavoro sospeso tra il creativo, la parte che forse riesco a destreggiare meglio, e il politico-istituzionale. In questi anni abbiamo cercato di creare una nuova squadra, inserendo nuove figure intitolate all’innovazione e alla riforma.

Avete raggiunto l’obiettivo?
Penso che siamo riusciti a rafforzare l’immagine del David attraverso numerose azioni, tra cui quella di tentare di trasformare la trasmissione in qualcosa di più pop, capace di comunicare ai più giovani, ai ragazzi. Tenendo conto che siamo su Raiuno in prima serata e ci sono delle regole da rispettare.

Dall’esterno sembra un’istituzione molto rigida, mentre tu hai parlato di lavoro creativo. Un esempio.
La cosa più affascinate è che l’Accademia è il punto di riferimento per tutte le professioni del cinema. Prima di incominciare non avevo percepito che ci fosse la possibilità di incidere sul modo di rappresentazione del cinema italiano, sulla comunicazione. Abbiamo cercato di innovare anche nel segno della parità di genere e dove era possibile abbiamo diversificato la composizione della giuria. Inoltre, abbiamo fatto un lavoro importante con Netflix, attraverso Titti Andreatta: la possibilità di essere l’unico riferimento italiano del progetto mondiale di Women’s Empowerment e di renderlo operativo attraverso il progetto che abbiamo chiamato Becoming Maestre.

Ennio
Ennio

Ennio 

Un trampolino di lancio, quindi?
Sì, per una nuova generazione di professioniste nel cinema e nella serialità, un'iniziativa di mentoring di alto livello. Rivolta a donne di talento che aspirino a diventare registe, direttrici della fotografia, montatrici del suono, fonica di mix. È diventato uno spinoff del David, che è stato rinnovato per un secondo anno ed è interamente sostenuto da Netflix.

Anche sul documentario hai fatto un lavoro di rinnovamento e trasformazione.
Abbiamo cercato di valorizzarlo, è un genere sempre più difficile da regolamentare. Penso a Ennio di Giuseppe Tornatore, a Marx può aspettare di Marco Bellocchio. Abbiamo creato una commissione che fa la preselezione e mi sembra molto preparata, grazie anche alla presenza di Stefania Ippoliti, cito lei per la collaborazione con la Casa del cinema della Toscana, ma ci sono anche Guido Albonetti, Pedro Armocida, Osvaldo Bargero, Raffaella Giancristofaro, Betta Lodoli, Pinangelo Marino e Giacomo Ravesi.

Da pochi mesi è incominciato il secondo mandato. Ti aspettavi di essere confermata?
Sono molto felice che abbiano riconosciuto il lavoro che ho fatto ma abbiamo ancora molta strada da fare. Non sono stata molto fortunata, appena ho incominciato è piombata la pandemia, che ha accelerato la trasformazione già in essere del sistema. Oggi viviamo un palese momento di confusione comunicativa rispetto a cinema, piattaforme, finestre. Il lavoro è più appassionante, però più complesso perché lavoriamo su un terreno che è una forma di resistenza. Faccio un esempio: Esterno notte ha ottenuto diciotto candidature. Un film che è di confine perché nato come serie. Per me è ancora una grande sfida.

Esterno notte @Anna Camerlingo
Esterno notte @Anna Camerlingo

Esterno notte @Anna Camerlingo

Un obiettivo, una missione ancora da compiere?
Quasi compiuta. L’evento che si terrà a dicembre all’interno dei 50 giorni di cinema a Firenze, sempre in collaborazione con la Fondazione Sistema Toscana. Abbiamo creato la prima edizione di "Italian Rising Stars”, un premio che il David assegnerà ai talenti del futuro.

Perché a Firenze?
Al Museo Bargello c’è la statua originale del David e la proposta ci è arrivata direttamente da loro, dallo stesso sindaco. Immaginare i volti delle giovani promesse accanto al David mi riempiva di gioia. Siamo riusciti a introdurre delle opportunità per le nuove generazioni e stiamo studiando una forma di comunicazione con le associazioni che fanno questo lavoro. Finora abbiamo cercato di coinvolgere il mondo del cinema in prima persona perché era necessaria quell’energia, le grandi istituzioni come Cinecittà, il Ministero, l’Anica, l’Agis, l’Anec, i Centoautori, anche i broadcaster esterni. Adesso credo sia doveroso crescere all’interno della Fondazione. Il rischio, soprattutto in una situazione di cambiamento, è che si tenti di mantenere un rassicurante status quo, piuttosto che gettare il cuore oltre l’ostacolo, a costo di commettere errori.

Una dote che ti appartiene.
Ho sempre cercate di cambiare, creare delle rotture quando è possibile, non riesco a rimanere immobile. È l’unica qualità che mi riconosco.