VINCITORI

Le otto montagne. Nella serata dei pareggi porta a casa quattro premi, come Esterno notte e La stranezza, ma ottiene quello più pesante. A quasi un anno dal primo alloro, quel sorprendente Premio della Giuria al Festival di Cannes 2022 che lo segnalò all’attenzione dei mercati internazionali. Il punto di partenza era solido (il romanzo di Paolo Cognetti, amato dai lettori e Premio Strega 2017: per la prima volta il David per il miglior film va all’adattamento di un libro onorato con il maggiore riconoscimento letterario italiano), in sala ha funzionato molto bene anche grazie al passaparola (più di 6 milioni con una lunga tenitura), all’estero se ne parla (che fosse questo il cavallo su cui puntare per gli Oscar?), Wildside vince il suo primo David. E dentro c’è anche il bromance più emozionante del nostro fragile star system: l’amicizia tra vita e arte che lega Luca Marinelli e Alessandro Borghi, di nuovo candidati per lo stesso film dopo Non essere cattivo.

Charlotte Vandermeersh, Alessandro Borghi, Luca Marinelli (foto di Karen Di Paola)
Charlotte Vandermeersh, Alessandro Borghi, Luca Marinelli (foto di Karen Di Paola)

Charlotte Vandermeersh, Alessandro Borghi, Luca Marinelli (foto di Karen Di Paola)

Marco Bellocchio. A 83 anni manca il record del più anziano vincitore della categoria (Vittorio Taviani, che vinse il David come miglior regista nel 2012, aveva un anno in più di lui, 84), ma resta il più giovane di tutti. E sembra quasi riconciliato, più sereno e leggero, dispensa battute (“Non me l’aspettavo ma lo accetto!”; “Ringrazio tutti coloro che sanno che li ringrazierei”) e non nasconde i sentimenti (“Sono anche moderatamente emozionato”), meno impacciato e sospettoso che in passato: “A una certa età si diventa saggi, spero di avere ancora tanto tempo per fare delle cose belle”. Anche noi, maestro.

David di Donatello 2023, il red carpet
David di Donatello 2023, il red carpet
Marco Bellocchio (foto di Karen Di Paola)

Fabrizio Gifuni. Al suo secondo Aldo Moro (dopo Romanzo di una strage, per cui fu candidato invano) e al secondo David (nove anni dopo Il capitale umano), conquista anche il premio per il miglior discorso. Artista totale, vero intellettuale, borghese dissidente, ringrazia tutti: Bellocchio (“Il cinema italiano deve essergli grato”), i colleghi candidati (l’amico Luigi Lo Cascio sembra più contento di lui), i maestri ribelli (“Giuseppe Bertolucci, Davide Manuli, Claudio Caligari, Antonio Capuano mi hanno insegnato l’indipendenza e la libertà creativa svincolata dalle logiche del profitto”), la moglie Sonia Bergamasco, le figlie, il papà Gaetano Gifuni gran funzionario dello Stato che fu segretario generale del Quirinale con il presidente Scalfaro (“Forse ha visto Esterno notte da qualche piattaforma stellare”). E soprattutto “la mia lentezza e la mia fragilità, il gioco e l’immaginazione che sono gli antidoti a questo tempi così decadenti”.

David di Donatello 2023, il red carpet
David di Donatello 2023, il red carpet
Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni (foto di Karen Di Paola)

Barbara Ronchi ed Emanuela Fanelli. Vere sorprese della serata, la prima specialmente. E chi se l’aspettava che potesse superare la diva venuta da lontano (Penélope Cruz che ci insegna come si rosica con suprema eleganza), la più grande attrice italiana (Margherita Buy, naturalmente), la giovane star in rampa di lancio (Benedetta Porcaroli)? Forse solo l’impareggiabile Claudia Pandolfi, nominata inopinatamente come protagonista di Siccità e ben contenta di vedere consacrata un'attrice come Ronchi che sta raccogliendo ciò che ha seminato in tanti anni. Nel discorso cita e sostiene Amleta, l'associazione nata per contrastare la disparità e la violenza di genere nel mondo dello spettacolo. E Fanelli? Chi ha visto Una pezza di Lundini ricorda come veniva presa in giro dal compare Valerio, incredulo per l’imminente partecipazione nel film di Paolo Virzì. Lei porta il caos metatestuale che ci piace: un po’ svampita e un po’ feroce, Call my Agent e A piedi scarzi, il personaggio che interpreta in Siccità e la star del più importante programma comico degli ultimi anni.

David di Donatello 2023, il red carpet
David di Donatello 2023, il red carpet
Barbara Ronchi (foto di Karen Di Paola)

Michele Placido. A mezzanotte Carlo Conti annuncia il David Giovani per L’ombra di Caravaggio (già), la regia inquadra il suo regista che… sta sonnecchiando. Ma l’esperienza non si insegna, il maestro si ridesta, si alza, apre le braccia (forse non ci crede nemmeno lui) e va sul palco. E sveglia tutti regalando il discorso più schietto, spiazzante, perfino tenero della serata: parla esplicitamente delle voci che girano sul suo stato di salute (“Dicono che Placido ha il Parkinson: va bene”) e dei suoi “difetti” (“Dicono che mi manca un dente: è vero, quindi devo cambiare lato”), non nasconde lo scetticismo (“Il David Giovani l’ho già vinto per Romanzo criminale...”), non dimentica i colleghi (“Bellocchio mi ha insegnato a stare davanti e dietro la macchina da presa, Gifuni ha fatto un bellissimo discorso che onora il cinema e il teatro”), i figli (“Non li ringrazio perché staranno sicuramente guardando una serie”), la moglie (Federica Vincenti, anche produttrice). Un monumento.

Michele Placido (foto di Karen Di Paola)
Michele Placido (foto di Karen Di Paola)

Michele Placido (foto di Karen Di Paola)


VINTI

Il signore delle formiche. In una serata in cui vincono tutti (con imprevisto e miracoloso Cencelli alla mano: film alle Le otto montagne, regia al maestro Bellocchio, produzione all’alleanza Medusa-Rai Cinema per La stranezza), è passato un po’ sottotraccia il fallimento del bel film di Gianni Amelio: undici candidature e zero tituli, tra le maggiori disfatte della storia del David. Il maestro un po’ se l'aspettava, tant’è che è rimasto a casa. Ma la faccenda ci sembra un po’ più semplice: il dramma ispirato alla vicenda di Aldo Braibanti è prodotto da Kavac Film, società guidata da Simone Gattoni ma fondata da Marco Bellocchio. Chiaro?

Il signore delle formiche (foto di Claudio Iannone)
Il signore delle formiche (foto di Claudio Iannone)

Il signore delle formiche (foto di Claudio Iannone)

Penélope Cruz. Da vera professionista si è presentata a Roma, infiammando il red carpet (che ha dominato in solitudine poco prima della serata: vera diva), forse sperando in un bis (vinse nel 2004 con Non ti muovere, che resta tra i suoi capi d’opera) ma anche per manifestare ancora una volta la sua adesione al progetto dell’amico Emanuele Crialese, che con L’immensità ha rievocato pezzi della sua biografia. Ci credeva? Probabilmente sì, ma è talmente intelligente da sapere che se non fosse planata a Roma sarebbe risultata anche più antipatica. Quando capisce di aver perso, incassa con classe e rosica con eleganza. Ma certo è uno smacco.

David di Donatello 2023, il red carpet
David di Donatello 2023, il red carpet
Emanuele Crialese e Penélope Cruz (foto di Karen Di Paola)

Marco Mengoni e Elodie. A pensare male si fa peccato ma tutti sapevano che l’ultimo vincitore di Sanremo è impegnato con l’Eurovision Song Contest quindi impossibilitato a partecipare alla cerimonia. E allora ecco che la spunta Elodie (la reazione all’annuncio spopola come meme) e, considerata la scandalosa dimenticanza tra le migliori attrici, ecco per lei un bel David (di risarcimento) per Ti mangio il cuore. Per la miglior canzone: quasi a dire “brava, ma resta nel tuo”. Il più contento è Diodato, anche lui in gara per Diabolik – Ginko all’attacco: resta l’unico ad aver vinto, nello stesso anno, Sanremo e David.

David di Donatello 2023, il red carpet
David di Donatello 2023, il red carpet
Elodie (foto di Karen Di Paola)

La Mostra di Venezia. Le otto montagne (quattro premi), Esterno notte (quattro) e Nostalgia (un premio) erano a Cannes, La stranezza (quattro) e L’ombra di Caravaggio (due) alla Festa di Roma, Il cerchio (miglior documentario) ad Alice nella Città, Le variabili dipendenti (miglior corto) a Berlino, Il pataffio (miglior compositore, Stefano Bollani) a Locarno, Settembre (opera prima e attrice protagonista) addirittura al Bif&st. A Venezia c'erano Siccità (due) e Ti mangio il cuore (uno), uno fuori concorso e l’altro in Orizzonti. Dei film italiani in concorso nel 2022 non ci sono tracce: del Signore delle formiche e L'immensità si è detto, Chiara aveva una simbolica nomination per la sceneggiatura, di Monica nemmeno l’ombra, Bones and All addirittura presentato tra i film stranieri (parlato in lingua inglese, non poteva gareggiare tra gli italiani: poco male, un modo per tutelare il non amatissimo Luca Guadagnino...). Come disse il direttore Alberto Barbera? “Quest’anno il panorama del cinema italiano è fatto di luci e ombre”. Certo è che i premi (e le candidature) si concentrano su una manciata di titoli, quindi forse non aveva tutti i torti...

Alberto Barbera (foto di Karen Di Paola)

Pierfrancesco Favino e Toni Servillo. Perché insieme? Perché i due attori italiani forse più influenti e importanti degli ultimi anni condividono un destino curioso. Il primo, curiosamente nemmeno candidato per Nostalgia, sembra scontare una sorta di “invidia”: tre premi e sette candidature in vent’anni, tra i pochissimi italiani a garantire un incasso decente al botteghino, una sovraesposizione che riguarda più i meme su di lui (Boris docet) che un effettivo impegno fuori dall’ordinario. Per fortuna ci pensa Francesco Di Leva, miglior attore non protagonista, a ricordare il grande assente. E Servillo? Un po’ lo stesso discorso: tredici candidature in ventuno anni, quattro premi raccolti in appena un decennio, a secco dal 2014, per il secondo anno di fila viene superato da un “discepolo” (Di Leva, dopo l’Eduardo Scarpetta dell’anno scorso). Anche lui è tra i pochi a portare spettatori in sala, come dimostrano La stranezza e Il primo giorno della mia vita. Non è che il loro successo dà noia a qualcuno?

David di Donatello 2023, il red carpet
David di Donatello 2023, il red carpet
Toni Servillo (foto di Karen Di Paola)