È stato spesso il “primo” (il primo dirigente comunista italiano a ricevere un visto per recarsi negli Stati Uniti d’America, il primo capo dello Stato proveniente dal PCI, il primo a essere eletto per un secondo mandato) ed è stato – forse – il più cinefilo dei presidenti della Repubblica, Giorgio Napolitano, morto oggi a 98 anni. Una passione, quella per l’arte tout court, sempre rivendicata e che ha radici profonde: poco più che adolescente è critico teatrale con il Gruppo Universitario Fascista di Napoli, amico e sodale di Massimo Caprara (padre dei giornalisti e critici Valerio e Fulvia), Francesco Rosi, Giuseppe Patroni Griffi, Antonio Ghirelli, Raffaele La Capria, Luigi Compagnone, e poi perfino attore. “Ho tentato anch'io di avventurarmi per le strade del cinema e del teatro – ricordava nel 2013 – poi mi sono perso per altre strade...”.

Giorgio Napolitano con Francesco Rosi e Giuseppe Tornatore © quirinale.it
Giorgio Napolitano con Francesco Rosi e Giuseppe Tornatore © quirinale.it

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Sotto la sua lunga presidenza (dal 15 maggio 2006 al 14 gennaio 2015), il tradizionale incontro con i candidati ai David di Donatello non era solo un appuntamento istituzionale, ma anche un’occasione informale per confidenze e memorie, tant’è che Liliana Cavani, David alla Carriera nel 2012, sottolineava “l’antica, costante e forse non del tutto sprovveduta attenzione verso il cinema” del presidente.

Giorgio Napolitano con Gian Luigi Rondi e Liliana Cavani © quirinale.it
Giorgio Napolitano con Gian Luigi Rondi e Liliana Cavani © quirinale.it

Giorgio Napolitano con Gian Luigi Rondi e Liliana Cavani © quirinale.it

E, in quelle circostanze, Napolitano si dimostrava piuttosto appassionato e acuto nei giudizi, sottolineando spesso la mancanza di comprensione e attenzione verso il cinema da parte della politica. “Già nel 1950 si parlava di crisi – disse nel 2014 – e, diciamo la verità, forse un po’ tutti abbiamo abusato della parola ‘crisi’, poi c’è stato chi ci ha dottamente spiegato che crisi significa nuovo inizio. Comunque, in questo momento, il cinema italiano può avere tutte le difficoltà che sappiamo ma sta dimostrando una vitalità straordinaria”. Di Gian Luigi Rondi, presidente dell’Accademia del Cinema Italiano dal 1981 al 2016, non parlava che in termini affettuosi (nel 2011, per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, il gran capo del cinema italiano gli conferì un David Speciale).

Giorgio Napolitano con Ennio Morricone © quirinale.it
Giorgio Napolitano con Ennio Morricone © quirinale.it

Giorgio Napolitano con Ennio Morricone © quirinale.it

Napolitano è stato anche il primo presidente della Repubblica a presenziare (naturalmente con la moglie Clio) all’inaugurazione della Mostra del Cinema di Venezia. Era il 2010, il film d’apertura era Il cigno nero. Mancò il 2011, poi divenne un’habitué: nel 2012 non fece mancare i suoi complimenti a Rosi premiato con il Leone d’Oro alla Carriera (“Dai giorni lontani che videro il nostro primo incontro negli anni dell’Università di Napoli e la nascita di un’amicizia rimasta da allora ininterrotta e profonda”) e incontrò Robert Redford (Napolitano parlava fluentemente inglese), nel 2013 presenziò alla prima di Che strano chiamarsi Federico dell’amico Ettore Scola (“Nessun altro come Fellini ha saputo congiungere realtà e immaginario, la rappresentazione dell’umanità italiana e questo alone di fantasia, di immaginazione. Sono andato a salutarlo quando era a Ferrara in un centro di riabilitazione prima di morire”), nel 2014 applaudì Birdman alla serata inaugurale della Mostra.

Giorgio Napolitano con Ettore Scola © quirinale.it
Giorgio Napolitano con Ettore Scola © quirinale.it

Giorgio Napolitano con Ettore Scola © quirinale.it

Amico di Rosi e Scola ma anche di Carlo Lizzani, Luigi Squarzina, Ermanno Olmi e Giuliano Montaldo a cui lo accomunava il desiderio giovanile della recitazione (“Ti ricordo benissimo, ragazzo partigiano nel bellissimo film Achtung! Banditi! di Lizzani: naturalmente questa è la preistoria”).

Mai banale nelle riflessioni (“Figure come quelle di Fellini non si inventano o si desidera tornino. Se tornano, torneranno”), appare in almeno tre documentari (i materiali di repertorio di L’addio a Enrico Berlinguer, la commossa intervista rilasciata a Walter Veltroni per Quando c’era Berlinguer, quella per Storia di Nilde sulla compagna di partito Iotti), prediligeva Roma città aperta (“Il film che più mi ha impressionato”), Amarcord (“Io quell’Italia l’ho vissuta”), Senso (“Capolavoro per la mia generazione”) e Vincitori e vinti (“Meraviglioso”), era attento alle nuove proposte (celebrò Noi credevamo, apprezzò 20 sigarette, fu avvistato con la moglie in fila al Quattro Fontane di Roma per Arance e martello). “Non ho mai smesso di frequentare le sale anche da quando esistono la televisione e i dvd” disse con orgoglio nel 2014. D’altronde Napolitano pensava che il cinema avesse due compiti: “Ridare a noi fiducia in noi stessi; e a riguadagnare la fiducia degli altri”.