“Penso che questa serie sia un romanzo. L’idea è nata in fretta, ci siamo domandati che cosa volessimo raccontare. Il fulcro era l’inverno dell’essere umano, due corpi che si inseguono. Volevamo intercettare profumi, sapori. Abbiamo preso l’archetipo del detective e gli abbiamo dato un’immagine scarnificata, in fase di abbandono. È stato complesso, le riprese sono state dure, ma siamo fieri del risultato. Abbiamo raccontato la possibilità di un cambiamento, che accende una speranza nel nostro cuore. Sono felice di vivere nella nostra epoca, di essere in questo mare mosso. Ed è quello che portiamo in scena”, spiega Fabio D’Innocenzo, che con il fratello Damiano firma i sei episodi di Dostoevskij, presentati in anteprima alla Berlinale. Li vedremo prossimamente al cinema e infine su Sky.

“Volevamo essere fuori moda. Prima di essere un regista, sono uno spettatore che deve entrare nell’esperienza, nell’atmosfera. Volevamo una partenza narrativa forte, per poi perdersi dentro ai luoghi, alle percezioni. Il racconto ha una progressione pneumatica. Chiediamo un patto di fiducia col nostro pubblico. L’approccio deve essere attivo, serve partecipazione. Dobbiamo essere curiosi, osservare tutto, andare oltre le apparenze. Non dobbiamo essere giudicanti, siamo in una società dove c’è la dittatura di pensiero, serve più libertà”, prosegue Fabio D’Innocenzo.

Enzo Vitello è un detective con un passato oscuro, e un presente tempestoso. Vuole catturare un serial killer chiamato Dostoevskij, ma da tempo gli sfugge. E continua a mietere vittime. Intanto ha un rapporto conflittuale con il suo ruolo di padre, rischia che attorno a lui il mondo imploda.

“Fin dal primo giorno con il protagonista Filippo Timi abbiamo avuto un’intesa speciale, sapevamo che sarebbe stato eccezionale. Ci ha aiutato nella nostra ricerca, che è sempre legata alla bellezza. Abbiamo capito che dobbiamo soffermarci sugli ultimi, su chi è più in difficoltà. Non dobbiamo descrivere la borghesia, ma chi ha meno. È una sfida, presente sul set. Ci siamo accostati alla pellicola, abbiamo cambiato molti collaboratori storici. È nato un nuovo percorso”, aggiunge Damiano D’Innocenzo.

Filippo Timi presta il volto al tormentato poliziotto Enzo Vitello. “Quando ho ricevuto le battute per il provino, non avevo indicazioni. Ho dovuto essere un detective due volte. Mi sono innamorato del modo di scrivere dei D’Innocenzo, delle suggestioni che creavano. Arrivavano due ore prima della convocazione, ed erano gli ultimi ad andare via. Sono perfezionisti, ci mettono cura, ossessione, su ogni dettaglio. È stato fantastico. Serve coraggio per un progetto di questo tipo, e non ci siamo tirati indietro”.

Carlotta Gamba invece interpreta la figlia di Vitello. “Il mio personaggio ha una luce inconscia. Da una parte c’è l’innocenza, dall’altra tutto quello che ha perso. Ha un lato infantile. Vive un’ambiguità, un rifiuto per le sue radici. Fatica ad accettare, abbracciare le proprie origini. Lei è molto distante da me come persona, però la capisco. Sul set ci siamo lasciati andare. Rispettavamo la sceneggiatura, ma un po’ chiudevamo gli occhi e ci buttavamo. Forse c’è una specie di predestinazione in tutto questo, che spero anche voi saprete cogliere”.