Visto che gli incassi globali di Dune – Parte due hanno già superato i 367 milioni di dollari, sono due gli argomenti di cui è ormai più che lecito dibattere, ovvero i motivi dietro il successo di questo blockbuster d’autore e le speculazioni sul prossimo capitolo (al quale il regista e sceneggiatore Denis Villeneuve non ha mai nascosto di ambire). E proprio a proposito di quest’ultimo argomento, The Hollywood Reporter ha lanciato il sasso, asserendo che il vero problema di un eventuale Dune – Parte tre risiede nel fatto che Messia di Dune (il secondo romanzo del ciclo ideato da Frank Herbert) non possiede la grandiosità del capostipite. Grandiosità da intendersi non tanto nel senso qualitativo del termine quanto nell’effettiva misura di azione o momenti epici da trasporre su grande schermo, dal momento che la vicenda passa dalla spettacolarità di un conflitto esterno ai giochi di potere che si consumano all’ombra del trono.

Considerando che Villeneuve (per sua stessa e recente ammissione, “non un grande fan dei dialoghi”) ha impostato i primi due film sulla pura potenza – iconica e atavica – delle immagini, la futura trasposizione di Messia di Dune apre un quesito interessante: conviene realizzare una pellicola più “intimista” (rompendo quindi l’equilibrio stilistico della saga) oppure divergere dal libro e (citando Hollywood Reporter) trasformare quello che potrebbe essere una sorta di Padrino – Parte III in un novello Il ritorno del Re? Ad aggiungere carne al fuoco contribuisce il fatto che, se in Dune (2021) il cineasta canadese aveva optato per una fedeltà quasi totale (salvo le modifiche resesi necessarie nel passaggio da pagina a schermo), in Dune – Parte due ha inserito almeno un paio cambiamenti che potrebbero riscrivere i futuri equilibri della trama.

“C’è assolutamente il desiderio concreto di fare un terzo capitolo” ha dichiarato Villeneuve al Times, “ma non voglio affrettare il processo creativo. Il pericolo a Hollywood è che la gente si entusiasmi troppo e in questa industria solitamente si tende a pensare solo alle date di uscita, e mai alla qualità.” Augurandogli di avere tutto il tempo necessario, proviamo a riflettere insieme sulle sfide di Messia di Dune, alla luce degli elementi disposti sulla scacchiera in Dune – Parte due.

[Attenzione da questo punto in poi, spoiler sul film]

Austin Butler e Léa Seydoux in Dune - Parte due
Austin Butler e Léa Seydoux in Dune - Parte due

Austin Butler e Léa Seydoux in Dune - Parte due

(WARNER BROS)

IL NUOVO IMPERATORE

Alla fine di Dune – Parte due, Paul Atreides (Timothée Chalamet) sbaraglia la casata degli Harkonnen, depone Shaddam IV (Christopher Walken) e ne sposa la figlia Irulan (Florence Pugh), divenendo, di fatto, il nuovo Imperatore. Se nel libro Paul comprende di non poter più fermare la guerra santa che verrà combattuta nel suo nome, nel film è lui stesso a dare il via al conflitto, ordinando a Stilgar (Javier Bardem) di guidare i Fremen nello spazio contro le Grandi Case.

Messia di Dune inizia dodici anni (e sessanta miliardi di morti) dopo quel momento fatale. Paul governa la galassia da Arrakis e ha il monopolio totale della spezia, ma è prigioniero del suo mito (degenerato nel fanatismo più estremo) e della propria preveggenza. Per eliminarlo, è in atto una congiura, organizzata dalla sorellanza delle Bene Gesserit, dalla Gilda Spaziale (l’organizzazione che controlla i voli interstellari) e dal Bene Tleilax, una società segreta che usa l’ingegneria genetica per creare Ghola (il corrispettivo dei cloni) e Danzatori del volto (ovvero i precursori degli Uomini senza volto di Game of Thrones). Villeneuve, però, potrebbe immaginare che la guerra in realtà non si sia ancora conclusa, in modo da costruire un’alternanza fra grandi battaglie e intrighi di corte.

L’ADDIO DI CHANI

Uno dei maggiori cambiamenti apportati da Villeneuve alla saga riguarda proprio il personaggio di Chani. Una decisione a cui (probabilmente) hanno contribuito sia il fatto che sia interpretata da una superstar come Zendaya, sia la necessità di rivolgersi a un pubblico ormai abituato all’immagine dell’eroina contestatrice e ribelle.

Infatti, mentre nei libri, Chani è la più fedele sostenitrice di Paul (anche in quanto sacerdotessa Fremen), in Dune – Parte due è l’unica a criticarne apertamente le scelte e a mettere in discussione la profezia che lo identifica come Lisan al Gaib. Nessuno oggi si stupisce che (dopo aver capito che sposerà un’altra e scatenerà una guerra di sterminio) la ragazza abbandoni l’amato. Invece la Chani letteraria, pur devastata dal dolore per la morte del primo figlio (figura assente nel film), rimane al fianco di Paul come concubina, ricreando così lo stesso equilibrio della coppia un tempo composta da Leto (Oscar Isaac) e Jessica (Rebecca Ferguson).

Il grande dubbio è: come farà Villeneuve a ricreare la profonda rivalità che, in Messia di Dune, si instaura fra Chani e Irulan (i cui risvolti saranno cruciali per il destino degli Atreides), se la prima, non solo è tornata nel deserto, ma è stata cinematograficamente ritratta con un carattere che renderebbe poco credibile un ritorno a più miti consigli? Inoltre, se nel libro Dune, Paul chiarisce immediatamente che Irulan sarà sua moglie solo di nome, nel film resta una certa ambiguità sul futuro della coppia imperiale, elemento su cui Villeneuve potrebbe giocare in futuro.

© 2022 Warner Bros. Pictures, Inc. All Rights Reserved.
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Rebecca Ferguson in Dune - Parte due (WARNER BROS) (Niko Tavernise)

SANTA ALIA, L’ABOMINIO

L’altro grande cambiamento operato in Dune – Parte due in fase di scrittura è stata la scelta di non far (ancora) partorire Lady Jessica e di rimandare così l’apparizione di Alia, mostrata solo in forma di embrione o di visione (con l’aspetto di Anya Taylor-Joy). Dopo essere stata esposta all’Acqua della Vita nel grembo materno, Alia è divenuta ciò che le Bene Gesserit chiamano “l’abominio”, ovvero una creatura “nata ancor prima di nascere”, dotata di piena consapevolezza mentale e capace di accedere a secoli e secoli di conoscenza della sorellanza. Se Paul suscita nei Fremen una cieca devozione, la sorellina Alia (che ha l’aspetto di una bimba, ma si esprime e agisce come un’adulta) provoca una sorta di sacro terrore. Basti solo dire che nel libro è lei – e non il fratello maggiore, con cui comunica mentalmente – a uccidere il Barone Vladimir Harkonnen (Stellan Skarsgård), guadagnandosi così il soprannome di “Santa Alia del Coltello”.

In Messia di Dune, Alia è un’adolescente che inizia a fare i conti con i propri desideri e a voler ricoprire un sempre maggior peso politico. Ne I figli di Dune (terzo volume della saga di Herbert) assumerà una levatura messianica paragonabile a quella di Paul, ma, dato che Villeneuve ha intenzione di chiudere con Messia, è lecito supporre che anche la storia di Alia si fermerà prima, sottraendola al tragico destino della sua controparte cartacea. A meno che Dune non continui in altre mani o su altri schermi.