La regista algerina Djamila Sahraoui ha sempre amato raccontare storie forti e non fa eccezione con Yema, madre in arabo, presentato nella sezione Orizzonti. Non a caso Il cuore del film è il racconto dell'odio tra due fratelli, uno militare l'altro membro di un gruppo di terroristi islamici alla macchia. Yema comincia con il funerale di Tarik, uomo della legge, cui la vecchia madre Ouardia scava con le proprie mani la fossa proprio accanto alla casupola abbandonata dove vive per poterlo piangere liberamente. Rito cui assiste un compagno del latitante Ali, il fratello ancora vivo, lasciato a guardia. Sepoltura che all'anziana sarebbe proibita perché le donne musulmane non possono parteciparvi né tanto meno lavare il corpo dei morti.
Intorno ai protagonisti uno spazio astratto, fatto di montagne brulle e battute dal vento, metafora evidente di un dolore insostenibile e senza possibilità di essere alleviato. In questa terra di nessuno le giornate scorrono lentamente almeno fino a quando riappare Ali e la madre gli manifesta tutto il proprio rancore, infatti forse a ragione crede abbia provocato la morte dell'adorato Tarik. Una tragedia algerina che non nasconde il debito verso i Sette contro Tebe di Eschilo, dove i figli di Edipo Eteocle e Polinice non solo sono incapaci di amarsi ma si odiano fino all'annullamento reciproco.
Quella che Sharaoui mette in scena è una rilettura che ben inquadra la situazione algerina, con i figli che combattono i padri e si uccidono fra di loro. Uno sbocco amaro che le madri non tentano affatto di fermare, anzi alimentano. E' del resto fin troppo evidente che Ouardia è la personificazione dell'Algeria stessa. Una terra divisa, incapace di salvaguardare la vita dei propri figli, messi troppo spesso gli uni contro gli altri. Un monito di straordinaria potenza che, grazie alle atmosfere senza tempo e i richiami alla tragedia classica, suona più che mai universale. Ma se l'Algeria di Sahraoui è più madre che matrigna, oggi è pure un paese che sta imparando a riflettere su se stesso in cerca di un cammino di rinnovamento che il cinema può aiutare a compiersi.