C’erano una volta i musicarelli, film che vedevano protagonisti i cantanti dell’immediato dopoguerra nei quali le esili storie narrate facevano da contrappunto alle varie esibizioni. Mina, Caterina Caselli, Gianni Morandi, Adriano Celentano e tanti altri cantanti parteciparono a questo filone cinematografico, che con il tempo perse il suo fascino.

A distanza di anni il regista Christian De Mattheis e i produttori Michele Calì e Francesca Andreoli sembrano volerlo riportare in auge con Un amore così grande, che non a caso, come tutti questi film basati su canzoni italiane, prende il titolo da un vecchio pezzo di successo: lo storico brano del repertorio della musica italiana scritto da Guido Maria Ferilli e cantato da Mario Del Monaco nel lontano 1976 (ovviamente presente nella pellicola).

 

Distanti dalla musica melodica degli anni sessanta qui diventa protagonista la lirica con La Bohème di Puccini in primis, ma soprattutto grazie alla partecipazione de Il volo, i tre artisti (Ignazio Boschetto, Piero Barone e Gianluca Ginoble) che con Grande amore vinsero il Festival di Sanremo nel 2015 e che per la prima volta debuttano sul grande schermo.

Nella trama saranno proprio loro infatti a sostenere il protagonista Vladimir (Giuseppe Maggio), un cantante di strada russo di origine italiana, e a dargli la possibilità di emergere e di esprimere il proprio talento musicale sul palcoscenico dell’Arena di Verona.

A dargli coraggio sarà anche Veronica (interpretata da Francesca Loy, per la prima volta al cinema), una giovane ragazza veronese che fa la guida turistica e di cui lui si innamorerà.

Alla base di questa commedia sentimentale c’è l’intento, piuttosto evidente, di far appassionare i giovani alla musica lirica e alle arie (dal Nessun dorma della Turandot a Largo al factotum del Barbiere di Siviglia) che fanno parte della nostra identità.

Il proposito è nobile, ma si rivela troppo alto. Se a questo aggiungiamo che gran parte del film si svolge nella storica cornice di Verona con i conseguenti espliciti riferimenti alla leggendaria storia d’amore contrastata tra Romeo e Giulietta diventa una sfida davvero troppo difficile da superare.

 

Volendo esaltare l’Italia, patria del melodramma, inventrice dell’opera, il genere musicale più longevo che ci sia, alla fine il film cade in toni fin troppo patetici e lacrimevoli e ottiene l’effetto contrario di quello che vorrebbe raggiungere.

Per un viaggio che faccia scoprire ai giovani i capolavori di Rossini, Donizetti, Verdi e Puccini è sicuramente più utile il tentativo di Elio, che con "Cantiere Opera" ha portato in giro per il nostro paese una serie di lezioni-spettacolo sull’opera italiana. Proseguiamo in questa direzione.