Fratelli di sangue e nell'anima, Frank (Emile Hirsch) e Jerry Lee (Stephen Dorff), non hanno una vita facile. Non l'hanno mai avuta. Rimasti orfani troppo presto, hanno imparato a cavarsela da soli, affidandosi l'uno all'altro. Il peso maggiore è sempre stato sulle spalle di Frank, il più giovane, anche perché all'altro manca una gamba, persa in un brutto incidente. E poi Jerry Lee è un piantagrane. Non è malvagio. E' solo sfigato. L'ultima volta l'ha combinata grossa, investendo e uccidendo un ragazzino sbucato sulla strada all'improvviso. Braccati dalla polizia, Frank e Jerry Lee si rimettono in viaggio per quella che potrebbe rivelarsi la loro destinazione finale.
Ultimo film in concorso, The Motel Life potrebbe entrare nel palmares romano per il rotto della cuffia. Tratto dal romanzo omonimo di Willy Vlautin, è il film d'esordio di Alan e Gabriel Polsky (fratelli, non poteva essere diversamente), con lo status "opera prima" pronto a giocare un ruolo rilevante nella decisione sui premiati. Inoltre il clima dimesso, l'ambientazione in provincia, la sensibilità verso i perdenti sono tutte frecce che potrebbero centrare il cuore del presidente di giuria Jeff Nichols, creando una sorta di poetica empatia.
Ciò detto, The Motel Life non è un capolavoro, ma un'operazione decorosa che gravita attorno alla galassia già molto affollata degli indipendenti americani. Ottimi interpreti (oltre ai due protagonisti, vanno citati Dakota Fanning e Kris Kristofferson), confezione impeccabile (notevole la fotografia di Roman Vas'yanov) e un indiscutibile pudore nel mettere in scena una storia d'amore tra fratelli. Desolato e a tratti desolante, è un film che rende giustizia alla dignitosa miseria degli ultimi, senza però salire mai di tono o regalare un guizzo, un gesto, un'emozione, capaci di sorprendere davvero. Si potrebbero citare i deliziosi inserti animati con cui prendono vita le storie che Frank inventa per Jerry Lee, ma non basterebbero come controprova: se da una parte spezzano la monotonia del racconto ricordandoci il potere sanante dell'immaginazione, dall'altra non fanno che confermare la generale fiacchezza della vicenda portante.