Nel suo piccolo, Se solo fossi un orso ha già fatto la storia: è il primo film della Mongolia presentato nella selezione ufficiale di Cannes (era in Un Certain Regard nel 2023). A dirigerlo è Zoljargal Purevdash (classe 1990), che per il suo debutto segue l’antico consiglio che si dava ai registi esordienti: parlare di ciò che si conosce meglio. La storia, infatti, è ambientata nei luoghi in cui Purevdash è nata e cresciuta, i freddi sobborghi di Ulan Bator, la capitale più inquinata del mondo. La credibilità è garantita e l’autenticità non è artefatta, il coming of age si adatta al contesto e l’approccio si rivela glocal.

Al centro un adolescente con un Q.I. superiore alla media, figlio di madre analfabeta e bevereccia che ha dovuto abbandonare i figli per sbarcare il lunario altrove. Il geniale ragazzo, sostenuto da un professore che ci vede lungo, vuole vincere un concorso di fisica così da ottenere una borsa di studio, andare via e fuggire dal destino infame, dagli inverni rigidi senza riscaldamento e dalla precarietà delle iurte (le tipiche abitazioni mobili mongole). Poiché deve fare i conti con le esigenze dei fratelli più piccoli, accetta un lavoro rischioso: quanto può durare il conflitto tra desiderio e dovere?

Con uno sguardo capace di intercettare sogni e bisogni di un personaggio incardinato nella sua comunità e al contempo bisognoso di emanciparsene, Purevdash scrive, dirige e produce una storia completamente legata a quel mondo eppure comprensibile ad ogni latitudine. Lo scarto sta nel fattore umano: si mette accanto al protagonista, lo guarda con dolcezza, empatizza con la sua fame di futuro, si riconosce nel suo orizzonte emotivo.

Ma la riflessione non si limita al racconto di formazione: il paesaggio geografico definisce quello socioculturale, tradizione e progresso non trovano ancora una sintesi, l’inquinamento è più di un’allegoria e i cambiamenti climatici cominciano a essere percepiti per ciò che sono effettivamente (un problema per l’oggi che abbiamo ignorato ieri e ci devasterà domani: gli alberi scarseggiano, lo smog avvolge tutto, la cappa altera i colori della natura). Se solo fossi un orso (titolo profondo: un po’ fiabesco, un po’ simbolico, un po’ allusivo) è semplice, onesto, universale.