Meraviglia, conoscenza, tolleranza. Manoel De Oliveira torna a Venezia e torna con un cortometraggio su commissione. La proposta viene dalla portoghese Fondazione Serralves che celebra i dieci anni dalla nascita del museo dove tra l'altro sono custoditi ed esposti i "Painéis de São Vicente de Fora", opera pittorica dall'incerta datazione e dall'altrettanto discussa attribuzione. Come già nei suoi lavori più lontani nel tempo, De Oliveira fa in modo che la pittura si stacchi dalla tela e diventi messa in scena dentro lo spazio e attraverso il tempo. Così, dopo un lungo piano di descrizione dei pannelli cinquecenteschi, nella sala del museo, entrano, uno alla volta, i doppi in carne e ossa dei personaggi ritratti dal pennello. Si muovono nella stanza, si dispongono secondo un ordine tanto esatto quanto quello che governa le figure del dipinto, e parlano, fissando con ieratica determinazione l'obiettivo della macchina al quale rivolgono il proprio discorso. Guidano l'occhio di chi guarda - oggi, attraverso la mediazione del cinema - i pannelli appesi alla parete, ne distinguono i volti, gli oggetti, identità e significati; ne rifigurano un'accurata esegesi che mette in relazione forte e diretta il passato con il presente, ridispiegandone il potenziale semantico dentro la diversa cornice della contemporaneità. Come quando il mondo divenne - dopo le scoperte geografiche del XV-XVI secolo - per la prima volta unico e noto favorendo una temporanea pace tra i continenti, così, dicono gli avi, è di nuovo tempo che ritorni una concordia tra tutte le genti. Il discorso metariflessivo, l'uso del cinema come macchina di riconfigurazione delle altre arti e del mondo, un tributo a una nobile tradizione sommersa da uno scellerato oblio: nei sedici minuti di questo piccolo grande film c'è molto di più. Manoel De Oliveira, con la leggerezza di tocco del vero maestro, fa quello che tutti i grandi maestri hanno fatto. Indica all'uomo la via al riscatto trovando nella bellezza il miglior veicolo verso la conoscenza, nella conoscenza l'indispensabile fondamento della tolleranza.