PHOTO
Padroni di casa
Cosimo (Valerio Mastandrea) ed Elia (Elio Germano) sono due piastrellisti romani in trasferta per ripavimentare la terrazza della casa di Fausto Mieli (Gianni Morandi), cantante di successo ritiratosi sull'Appennino tosco-emiliano per badare alla moglie Moira (Valeria Bruni Tedeschi), gravemente malata e costretta sulla sedia a rotelle. Non è un locus amoenus, né un buen retiro, il paesino di Fausto, e a farne le spese saranno proprio i due fratelli, il problematico Cosimo e quell'Elia che a stento ne sopporta le debolezze. Mentre Fausto prepara il ritorno sulle scene, le tensioni tra i due piastrellisti - Elia si avvicina anche alla bella “villica” Adriana (Francesca Rabbi) - e il resto del paese arrivano al punto di non ritorno.
Riflette sulla violenza, il contagio della violenza, l'opera seconda di Edoardo Gabbriellini, Padroni di casa, già in Concorso al festival di Locarno e ora in sala con Good Films, e lo fa stemperando le dinamiche del capro espiatorio in un paesaggio di indifferenziata amoralità, dove le vittime fanno i carnefici e dove i lupi fanno gli agnelli o - Fausto Mieli - gli usignoli. E non sono vane metafore, perché è il battito animale a scandire temperatura e drammaturgia di questo noir sui generis, che si nutre di genere ma rivela ambizioni autoriali non pletoriche.
E' una meccanica ineluttabilità il basso continuo, che spinge alle estreme conseguenze la paura del diverso, l'insofferenza per la disabilità, l'egoismo e l'incomunicabilità, ma senza indulgere nella programmaticità del film a tesi. Con la natura a far da specchio attivo delle azioni e reazioni umane, Padroni di casa può essere assimilato a un diorama, in cui il realismo della messa in scena - e del pro filmico - discende dalla volontà forte di riscrivere, non meramente riprodurre, il reale: Gabbriellini lo fa, e con una certa sapiente freschezza.
Bravi gli attori: l'alchimia tra Mastandrea e Germano fa bene al film e agli altri interpreti, soprattutto un Morandi inedito, cinico e ambiguo, che avrebbe meritato qualche posa in più. Peccato per i troppi finali e, soprattutto, la volontà di chiudere teatralmente, enfaticamente, lavando nel sangue tutte le sfumature pregresse, ovvero, lastricando di eccessi le sabbie mobili su cui Padroni di casa si era fin lì mosso abilmente. Ma rimane un noir atipico, che respira cinema internazionale e sospira italiche magagne.