Justin Kurzel è il cantore dell’anima nera dell’Australia. Col suo cinema indaga la società criminale, le ragioni della violenza, lo svilupparsi della ferocia. Fin dal suo esordio (Snowtown) si è immerso nel fango, nella follia di un serial killer come John Bunting, che negli anni Novanta andava a caccia di pedofili.

L’indagine antropologica si è piegata alle logiche commerciali di Hollywood con Assassin’s Creed e Macbeth. Ma poi Kurzel è tornato alla sua dimensione con l’epopea di The True History of the Kelly Gang. Era la storia del famigerato Ned Kelly, che nella seconda metà dell’Ottocento con la sua banda aveva terrorizzato il Paese.

Il regista prosegue il suo percorso di indagine, di ricerca, con Nitram, presentato in concorso al Festival di Cannes. È la vicenda di Martin Bryant, che nel 1996 uccise 35 persone e ne ferì 23 nel massacro di Port Arthur, in Tasmania. Kurzel non vuole replicare Elephant di Gus Van Sant, con intelligenza si tiene a distanza. Questa volta abbandona gli eccessi di alcuni suoi film precedenti e disinnesca ogni tipo di manierismo. Si affida a una regia rigorosa, che non si limita a descrivere le varie carneficine ma affonda il bisturi sulle cause, in un viaggio che scava a fondo nella personalità dell’assassino.

Nitram mette in scena la follia dell’essere umano, senza mai giudicare. A Kurzel non interessa condannare o assolvere. Il film illumina i lati più intimi del personaggio, quelli meno conosciuti: il rapporto con i genitori, i disturbi, il crescere della su ribellione. La follia viene sviscerata nella sua essenza, la fragilità è vista come il punto di partenza che porta all’essere un killer. Niente di nuovo, s’intende. Ma Kurzel elimina la morbosità, asciuga il racconto e, attraverso la discesa agli inferi del protagonista, denuncia un sistema in cui la libera circolazione delle armi è a un punto di non ritorno. L’Australia come gli Stati Uniti, con le tragedie che si moltiplicano e gli interessi commerciali che la fanno da padrone.

 

Nitram mette anche in mostra una nazione in cui la natura è un elemento da cui non si può prescindere. I campi lunghi catturano una flora silenziosa, teatro impotente della violenza. È un’istantanea del cuore di tenebra di un paese ferito, al confronto con il proprio passato. Ne uscirà vincitore? Kurzel non si esprime, anche se nelle didascalie finali per la prima volta sembra prendere con forza una posizione. Intanto il cineasta riesce a mantenere viva l’eredità lasciata da Van Sant, si dimostra più vibrante di Paul Greengrass con 22 luglio, e realizza forse il suo film migliore. Il film sarà distribuito in Italia da I Wonder Pictures.