Desiderio è un giovane transessuale: per vivere, si prostituisce. Dopo aver conosciuto Andrea, il gestore di un autolavaggio, se ne innamora e decide di abbandonare la strada. Ma Desiderio ignora che Andrea abbia una fidanzata e stia per sposarla. Privato anche dell'affetto dei genitori, che non accettano la sua diversità, Desiderio si rifugia tra gli eccentrici amici, che si dividono equamente tra marchette e filodrammatica: l'intellettuale Massimino, che si atteggia a Montessori del vicoletto;  Europa, sofferente per l'impossibile maternità, e il perverso Sue Ellen. Progetto comune: aprire un "agrifuturismo" che sia al contempo consultorio psicologico per uomini in crisi. Folklore, colori, battute social-facete di Vladimir Luxuria, psicologismo da avanspettacolo: l'opera prima di Massimo Andrei è un pasticcio napoletano in salsa trans. Abbastanza indigesto sul piano drammaturgico, stilisticamente insipido ed emotivamente fuori controllo: quel piccolo mondo contemporaneo che Mater Natura vorrebbe cantare è già stonato prima di aprire bocca. Fuori chiave per il bozzettismo degli affetti di stampo buonista: è questa la sola via percorribile dal cinema italiano per accostare la "diversità"? Non crediamo. E che dire a questo proposito della scelta ideologicamente suicida di far interpretare il trans chiamato Desiderio non da un vero transessuale, ma dalla bella Maria Pia Calzone? Snaturato.