Una madre vive con la paura per i suoi figli. L'assunto vale per tutte le madri, di ogni lingua e provenienza. Lo sostiene con forza Barbara Cupisti nel suo documentario Madri, che nasce vicino all'esperienza del Parents Circle, istituzione creata dai genitori delle vittime del conflitto isrealiano-palestinese al fine di stimolare azioni di pace tra le due parti. Il lavoro, che dura un'ora e mezza, è stato girato con ogni difficoltà possibile sia in Palestina che in Israele, comportando perfino l'arresto di uno dei suoi operatori, un palestinese, presso un checkpoint di frontiera. L'incisività del filmato non sta solo nel messaggio ma anche dalle scelte operate della regista: le madri interpellate, infatti, non sono intervistate ma vengono lasciate libere di parlare dei propri figli, di come sono scomparsi, di come sono ricordati. E la Cupisti, nel fare questo, si è sempre tenuta in discreto nascondimento, utilizzando videocamere molto piccole e poco invasive. Nel selezionare le donne, la regista ha optato per una gamma diversificata di testimoni, che va dalle religiose praticanti alle atee convinte, dalle semplici operaie alle intellettuali. Tanto tra le palestinesi quanto tra le israeliane. Tutte, si diceva, accomunate dal dolore più profondo e contronatura a cui si può sottoporre una donna. Alcune, tra loro, si chiedono se sia giusto fino in fondo che esista un dialogo tra le genitrici appartenenti a territori antagonisti, come fa una mamma palestinese: "Cosa può mai dire una madre israeliana a una madre palestinese? Non ho il desiderio di parlare con chi vuole vedere morti i miei figli". Dura realtà, ma che alla fine viene superata dal sentimento comune, che di fatto è una convinzione viva nel cuore di ogni madre: chi genera la vita ha il potere di mettere fine alla sua distruzione. Il film di Barbara Cupisti sarà prossimamente distribuito in home video.