Viene quasi voglia di difenderlo d’ufficio, Madame Web, quarto titolo del Sony’s Spider-Man Universe, il franchise dedicato a personaggi secondari del mondo di Spider-Man. Nato all’indomani del deludente secondo Amazing, evidentemente oscurato dal più rutilante Marvel Cinematic Universe con cui in futuro si incrocerà, ha finora prodotto una manciata di aspiranti blockbuster dal botteghino calante (dagli ottocento milioni e rotti del primo Venom ai poco più di centosessanta raccolti da Morbius) ma tutti piuttosto dileggiati dai commentatori. Madame Web è stato già massacrato dai critici americani, il che dovrebbe farci intuire che forse non è così malaccio: purtroppo perfino loro ogni tanto ci azzeccano e anche il pubblico sta firmando la condanna (c’entrerà anche qui la misoginia dei fan spesso tossici?).

È l’origin story di Cassandra detta Cassie Webb, paramedico di Manhattan sulla trentina, che in seguito a un incidente si accorge di avere poteri di chiaroveggenza, scoprendosi eroina suo malgrado e “protettrice” di tre ragazze minacciate da un oscuro “uomo ragno” che le vuole morte. Dakota Johnson dona alla protagonista la giusta dose di leggerezza, un po’ ironica, un po’ scorbutica e un po’ malinconica, ma sembra ricorrere al registro umoristico nel momento in cui appare consapevole del pasticciaccio generale.

I problemi si vedono già dal goffo incipit nella foresta amazzonica che somiglia alla parodia di un’avventura esotica, taglia con l’accetta il personaggio della madre (si capirà il perché del suo comportamento, ma insomma), rivela subito il nemico (Tahar Rahim, chiaramente in gita turistica), annuncia il destino di Cassie (in maniera piuttosto didascalica).

2326579 - MADAME WEB
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Madame Web (CTMG/Marvel)

Poi si passa alla New York del 2003 – che per inciso sarebbe quella del post 11 settembre: il disastro finale ovviamente evita di incaricarsi di un significato meno estemporaneo – con le canzoni di Britney Spears in sottofondo, le pubblicità di Calvin Klein sui grattacieli, i cellulari ancora preclusi agli adolescenti. È forse l’unico vero guizzo di Madame Web (insieme al momento in cui non viene annunciato il nome di un bambino in arrivo, nipote di un certo Ben...), un cinecomic svogliato, sciatto, in cui nessuno sembra credere davvero a ciò che sta facendo.

Non solo Johnson che va di mestiere e le altre ragazze che non riescono a dare spessore alle figurine (c’è anche la rampante Sydney Sweeney, un po’ in sordina), ma anche la britannica S.J. Clarkson, all’esordio sul grande schermo dopo due decenni in televisione (all’attivo episodi per moltissime serie come Jessica Jones, Succession, Anatomia di uno scandalo), che dirige col pilota automatico (e certo non aiuta la fotografia illustrativa e derivativa del navigato Mauro Fiore). Si sa, il momento non è favorevole ai cinecomic, la virata verso un registro più leggero è comunque una mano santa per un genere che, nel tempo, si è preso drammaticamente troppo sul serio, ma Madame Web è così innocuo da farsi impalpabile.