Figlio di papà e peggior studente, Jesper (voce di Marco Mengoni) deve abbandonare gli agi della Regia Accademia Postale per prendere servizio su un’isola artica, per di più assai conflittuale. Con l’aiuto – da negoziare – della bella insegnante Alva (Ambra Angiolini) e del nerboruto falegname Klaus (Francesco Pannofino), riuscirà il postino suo malgrado a consegnare seimila lettere, viatico per la libertà, o addirittura ad affrancare il prossimo?

È la prima animazione targata Netflix, Klaus, diretta Sergio Bablos (Cattivissimo me) e interamente realizzata a Madrid, ibridando tradizione di Santa Klaus, romanzo di formazione, boy meets girl e gli stilemi dei cartoon d’estrazione e astrazione scandinavo-vichinga, à la Dragon Trainer.

Carburazione lenta, lo sviluppo non è peregrino, e – un caso? – i personaggi femminili prevalgono: dalla maestrina pesciarola alla ragazzina Suomi, hanno licenza di irretire.

Per il resto, e vissero felici e contenti, con l’obbligatorio elogio della diversità e altre facezie politicamente corrette.

Sanzionabile, come già per il cinepanettone Natale a 5 stelle, è l’occasionalità, di più, la pretestuosità della cornice natalizia, nella fattispecie veicolata da Santa: dai, Netflix, che sei meglio di così.