Regista d’atmosfere più che di ambienti, ritrattista di tipi umani più che di personaggi, ostensore di nevrosi, evocatore del surreale, Quentin Dupieux, regista ultimamente assai prolifico, conferma con Incredibile, ma vero il talento straniante, lo sguardo sornione, il malcelato disfattismo anti-borghese, il tratteggio grottesco, l’ammicco spudorato all’assurdo, la smania (forse autoriferita, sicuramente caustica) di creare personaggi per irriderli, per schiaffeggiare in loro, le velleità della società contemporanea.

Presentato nella sezione Special Gala della Berlinale 2022, dal 6 febbraio disponibile sulla piattaforma IWonderfull, il bersaglio della solita, stridula vis - sarcastica più che comica - di questo film è l’illusione della maturità di riappropriarsi di grazia e prestanza della giovinezza. 

Ad incarnare il tema due coppie messe a specchio: una cena tra amici fa emergere manie e idiosincrasie di entrambe. Il brizzolato Alain e l’ossuta, platinata Marie, scollinati i cinquanta, hanno appena comprato un grazioso villino collinare. Nel sottoscala, una botola dalle proprietà taumaturgiche: disceso il tunnel si accede ad un altro appartamento, ma ci si catapulta pure nel futuro di dodici ore, mentre il corpo ringiovanisce di tre giorni. Tanto basta a Marie per intrupparsi nel saliscendi ogni volta che può, perdendo lucidità e misura.

Meno sospensione dell’incredulità richiede il pene elettronico, telescopico, telecomandato con cui Gérard (un tornito Benoît Magimel, di recente ammirato in Pacification di Serra) si sollazza con la sua giovane “mangiauomini” Marie (Anais Demoustier).

Perché per Mr Ozio il reale è sempre stravolto dalla forza d’urto dell’assurdo. Lo stato delle cose, dei corpi, delle relazioni, degli spazi, della tecnologia così, denota patetico squallore, ridicola decadenza (fisica, quindi morale), perfino marcimento (con tanto di formiche bunuelliane a invadere le mani). La giovinezza perduta, invece, è lo stato idilliaco da riacciuffare tramite il sovvertimento magico e meccanico del presente.

In questo eterno, lancinante dualismo la perdita della misura individuale fa scivolare la trama dal comico al tragico, e detona la stupidità sotto la coltre della normalità in un commedia d’interni pallidi e aciduli, fondata su ossessioni e velleità di una maturità che è, spesso per Dupiuex, regressione capricciosa ad uno stato infantile. Ad una non accettazione del fallimento presente.

Difatti, il plenipotenziario Mr Ozio (al solito, regista e sceneggiatore, montatore, direttore della fotografia) ricostruisce scenari fittizi, esaspera toni, deforma caratteri, crede nell’assurdo, sfida l’incredulità del pubblico, sovverte la linearità del Tempo, diffida del presente, ne ribalta la cognizione logica, ridicolizza la sua generazione, assolve la nuova.

E su queste basi, con la solita regia a distanza di sicurezza (dozzine di scene cucite in campo e controcampo con camera fissa), fa emergere, sogghignando, il suo disfattismo verso la società, le relazioni, il sesso, l’età adulta, il lavoro, srotolandoci davanti agli occhi un fulmineo, cinico apologo dell’assurdo e dell’incongruo; un piccolo, forse squilibrato, monumento al grottesco del quotidiano.

Al di là, però, dell’immediatezza, un po’ forzosa, ammettiamolo, del contenuto, il fulcro d’interesse sta nella forma: nonostante la consueta durata compressa (un’ora e poco più), Incredibile, ma vero riesce a stendersi in due parti asimmetriche. Ad un’incipit verboso, affidato alla solita, teatrale estenuanza rivelatrice dei dialoghi, segue un finale preverbale perché musicato, fitto di compressioni narrative e accelerazioni che rimandano a certe movenze del cinema muto. Da Buñuel all’assurdo presente. E ritorno.