“Ti sei iscritto alla SIAE? Ci hai pensato mai? Tu hai sottovalutato il diritto d'autore”. È il diavolo che tenta Cristo, Il Cristo in gola di Antonio Rezza, in cartellone al 40° Torino Film Festival e dal 25 novembre in sala.


Riprese dal 2004 al 2021 tra Matera, Anzio e Ostia Antica, immagini in bianco e nero e musiche di Rezza, Pietro Pompei, Schumann, Bach, Beethoven, Schubert a incarnare il Nazareno è lo stesso regista, che non profferisce Verbo, soltanto urla, e quelle urla faranno miracoli.


Tra cielo, il prevalente mare e terra, la Via Crucis è personale, soggettiva e riflessiva, ovvero la croce se la fa lo stesso Cristo, con martello, sega e pialla “poiché ogni uomo va a finire sulla croce sua”, e a inchiodarcelo è sua madre, la Madonna.


Pianti, strilli, un Arcangelo Gabriele militare, una Maddalena che fa la lavatrice e, su tutti, un Ponzio Pilato sofista e più, che una dopo l’altra rivolge al Cristo folgoranti, e insidiose, battute: “Il problema di Dio è che non ha un ego sviluppato. Basterebbe questo a confutarne l'esistenza”; “L'unico gioco di prestigio vostro è stato uno e trino”; “Se sei figlio di Dio Parla con tuo padre e digli di alleviarmi questa cefalea”, “Dio con la barbabietola si è veramente superato”, echeggiando peraltro L’unico e le sue proprietà di Max Stirner.


Interventi, ben più di mero sottofondo, in lingua spagnola di Juan Domingo Peron, Maria Eva Duarte e Jorge Rafael Videla, Cristo è messo in mezzo dalla Madonna e dal Diavolo, un’anziana e logorroica signora, che gli intima l’iscrizione alla SIAE e postula “la psoriasi lebbra dei ricchi”.


Sostiene Rezza, “il film è filologico fin quando lo dirigo: Maria che partorisce, Giuseppe che sonnecchia, l’Arcangelo proclama, Erode manomette, Battista che sciacquetta. Il film è filologico fin quando lo dirigo. Ma quando mi dirigo mi scappa dalle mani perché io, oltre a quella di Dio, non riconosco neppure la parola mia”. Sicché il finale si fa eterodosso, eretico, risolvendosi nell’incesto e nell’infanticidio, ma senza scandalo, se non per le lacrime del piccolo Giordano Rezza: Cristo s’è fatto uomo, ma non come sapevamo. È passato, complice la vecchia demoniaca de paese, al lato oscuro della forza, inchiodando alla croce verità e tradizione per un altro mondo (im)possibile: “Una fine così. Senza cristianesimo. È più pulito”.


È un film affascinante, straniante, complesso per postulato e sfrontato per esito, che non si ricaccia in gola nulla e urla tutto, nel bene e nel male, credendo à la Pier Paolo Pasolini nel miracolo della scena e à la Carmelo Bene nel miracolo dell’osceno.


A immagine (iconoclasta) e somiglianza (spuria) di Dio, almeno nell’atto creativo: radicale e fesso, terragno e spirituale, Il Cristo in gola punta a Nietzsche e trova Rezza. Proprio così. La sequenza della strage degli innocenti con i cicciobello tirati in aria fronte mare è tra le migliori dell’anno.