"Mi sono uccisa il 26 luglio 2012. Avevo da poco compiuto 32 anni e da neppure quattro mesi partorito la mia prima e unica figlia, Greta".

Fuani Marino torna faticosamente alla vita dopo un salto nel vuoto di quattro piani. Anni più tardi darà alle stampe Svegliami a mezzanotte (Einaudi, 2019), libro con cui delimita un prima e un dopo rispetto a quel tentativo (fallito) di suicidio: "Il prima è una lunga anamnesi, la raccolta di tutti quei dati utili alla formulazione di una diagnosi, è il tentativo a posteriori di tracciare un sentiero che sbocca in un precipizio. Il dopo è l’indugio del pensiero e la ricomposizione, è l’intentata spiegazione – diagnosi sciorinate, scandagliate, parafrasate – e la rivendicazione" (Camilla Longo Giordani, "Il dovere di dire. Intervista a Fuani Marino", pubblicata su Limina).

Quel libro, "atto politico" con il quale dire, appunto, in prima persona, del disagio psichico, si trasforma ora in documento audiovisivo grazie a Francesco Patierno e alla stessa Marino, che ne firma insieme al regista la sceneggiatura e ne abita - attraverso scatti o filmini amatoriali - gli spazi delle immagini, con la voce fuori campo di Eva Padoan a tratteggiarne i passi in stile flusso di coscienza.

In concorso nella sezione Documentari Italiani al 40° Torino Film Festival, Svegliami a mezzanotte "vuole scoprire i luoghi oscuri del disagio psichico per cercare di illuminarli con un film che, raccontando di una insperata resurrezione, si apra alla speranza di chi la vedrà", spiega Paterno, che recentemente ha portato La cura alla Festa di Roma e - proprio da oggi 1 dicembre - è su Prime Video con la commedia Improvvisamente Natale.

Il regista di Pater familias e Cose dell'altro mondo continua dunque a spaziare come già fatto in passato (tra le produzioni documentaristiche più recenti Naples' 44, Diva e Camorra), prediligendo ancora una volta il dialogo costante, il mix tra immagini girate e immagini di repertorio (provenienti in larga parte dall’Archivio del Luce) "montate e manipolate ad arte per riuscire a raccontare cose che sarebbero difficili da mettere in scena con uno stile più convenzionale o un racconto di finzione", spiega lui stesso.

Il risultato, suggestivo e toccante (anche grazie alle splendide musiche di Massimo Martellotta) è quello di un viaggio nel viaggio di Fuani (nome che nasce dalla crasi dei suoi genitori, Furio e Anita), ragazza napoletana classe 1980 che si rimette nuovamente in discussione, attraverso fotogrammi e frammenti, che fluttua sospesa in un'esistenza caratterizzata da un "disturbo bipolare di tipo 2", che prima di quel salto aveva provato a "controllare" passando dagli ansiolitici agli psicofarmaci, per "dormire, dimenticare, guarire", che vive - gli studi in psicologia a Roma, poi il lavoro come giornalista per il Corriere del Mezzogiorno, il matrimonio, la nascita di Greta - ma al contempo è dilaniata da passaggi oscuri: Svegliami a mezzanotte, proprio come il libro da cui muove, allora, tenta di entrare nei tortuosi meandri bui del disagio psichico e lo fa attraverso la cifra del racconto in prima persona.

Una sfida che tanto Fuani Marino quanto Patierno affidano dapprima alla letteratura, poi al cinema, tentando di aggirare lo spettro di qualsiasi pietismo: "Tra il prima e il dopo dei secondi di quell’interminabile caduta della protagonista sono condensati i grandi temi dell’esistenza umana senza nessuna concessione al melodramma, alla retorica, alla commiserazione", dice il regista. Che in poco più di un'ora (71' per la precisione) riesce a restituire senso e profondità ad una materia difficilmente scrutabile: "Certi giorni è come se non mi svegliassi mai, il letto mi risucchia, come sabbie mobili, come un buco nero. Altri mi sembrano cortissimi, neanche il tempo di alzarmi e fuori è già buio. Un'intera famiglia sotto scacco, in balia dei miei orari assurdi"... Svegliami a mezzanotte.