La crisi della sinistra, la solidarietà di classe, Marsiglia come centro del mondo: bentornato Robert Guédiguian. Che con E la festa continua!, ventitreesimo lungometraggio in quarantadue anni, resta fedele a se stesso, a un paesaggio che è soprattutto orizzonte culturale e a personaggi che prima ancora sono persone (perché amici se non familiari). Orgogliosamente – e inevitabilmente – un uomo del Novecento che crede nell’utopia nonostante tutto, perché “niente è finito e tutto comincia”, anche nella Francia neoliberista di Macron (va da sé, detestato) che è porto, frontiera, campo di battaglia. Nel suo essere ancorato al passato (personale, cioè da cineasta; e politico, cioè da militante), fa i conti col presente, con le sue fragilità e con le sue contraddizioni.

A partire dal (vero) crollo di due palazzi a rue d’Aubagne, nel centro di Marsiglia, il 5 novembre 2018, che causò otto morti e scatenò un’ondata di solidarietà, quest’ultima incrociata con le mobilitazioni in difesa del mercato della Plaine. I movimenti cittadini parlarono di “catastrofe” e misero sotto accusa le politiche urbanistiche della città. Guédiguian edifica tra le macerie una storia corale il cui perno è Rosa (come Luxemburg, mentre il fratello è Tonio in onore di Gramsci), infermiera e attivista (la cura del prossimo come missione), cuore e anima del quartiere, matrona di una famiglia numerosa e patrona di una comunità politica che la riconosce leader carismatica, che come una triglia “contiene tutto il Mediterraneo”.

Et la fête continue!
Et la fête continue!

Et la fête continue!

A incarnarla è Ariana Ascaride, moglie e musa del regista, al solito magnifica nel raccontare un mondo attraverso uno sguardo o un sorriso, “quarant’anni di sconfitte” e le nuotate in piscina per meditare, l’amore per le cinciallegre e la smorfia al parrucchiere per un nuovo taglio da sfoggiare in campagna elettorale (“sembrerò più vecchia?”).

Attorno a lei due generazioni, una più giovane alla ricerca di un posto nel mondo (famiglie da consolidare, lavori da ripensare, la pandemia che sconvolge i progetti) e quella più anziana che vuole riempire di vita i giorni che restano e non viceversa. E a Rosa il destino regala la possibilità di un nuovo amore con Jean-Pierre Darroussin, altro feticcio dell’autore, che porta in dote il sorriso malinconico e l’andatura di chi sa aspettare, mette in contatto le due sponde del Mediterraneo, scrive cartoline senza spedirle, balla con lei sotto casa prima di “fare il guaio”, guarda il mare al tramonto mentre Yves Montand canta la vecchia canzone che dà il titolo al film.

Et la fête continue!
Et la fête continue!

Et la fête continue!

Come tutti i grandi autori, Guédiguian fa sempre lo stesso film (è il fronte “propositivo” del cupo retro di La ville est tranquille, un aggiornamento romantico di Marius e Jeannette) e E la festa continua! non è solo l’ennesimo compendio di una carriera (c’è anche Gerard Maylen, un altro fedele compagno di strada) ma anche il nuovo capitolo di un discorso che misura il mondo stando dentro la propria patria. Che è anche il crocevia di disincanti e speranze, amarezze e speranze, furori e dolori di una generazione consapevole di aver fallito. E comunque ancora desiderosa di trasmettere qualcosa a chi verrà: l’incompreso Gloria Mundi, con quella bambina ad annunciare una rinascita nonostante il degrado e i disastri del capitalismo, parlava proprio di questo. Pur non essendo il suo miglior lavoro, è difficile non farsi coccolare da un film così umano, dove emerge, nonostante tutto, la grandezza popolare di Guédiguian. Cineasta caparbio e integro, che sempre e per sempre troveremo dalla stessa parte: sulle barricate.