“Non riesco a espellere i miei sentimenti”, eppure Pio e Amedeo licenziano un altro film: Come può uno scoglio, che invero con Battisti/Mogol nulla spartisce. Dal 28 dicembre in sala con Vision Distribution, e crediamo con successo, si ritagliano, Pio, un fessacchiotto figlio, ehm, di papà e, Amedeo, un avanzo di galera risoluto e travolgente: il primo uomo di sabbia, l’altro di scoglio.

Non ci sono linguine, bensì lazzi: assistiti alla sceneggiatura dal regista Gennaro Nunziante, già a bordo del precedente Belli ciao (2022) e già sodale di Checco Zalone, danno alle Feste le grasse risate che, orfani di cinepanettoni e altre amenità, vastamente rimpiangiamo.

La comicità alterna situazione e battute, permutando “epitaffi per epistassi”, contemplando una “marchesa Cornella” vittima di tradimenti e l’“ortaggio a pubblico ufficiale” che pare davvero felicemente improvvisata, e infine minacciando, Amedeo, “una recensione negativa al carcere”.

Tanto rumore non per nulla: non saranno Karamazov, ma ci sono cari. E doppiamente: per la strenua osservanza del politicamente scorretto, ché “la gente vera non è la popolazione risicata dei social, e ha ancora voglia di ridere di pancia. La comicità è un terreno franco, dove tutto si può dire e fare”; per il retrogusto irrimediabilmente dolcione, ché - predica il prete incarnato da Claudio Bigagli, vero motore della storia – “è troppo facile amare chi ci ama”.

Produzione Fremantle, nel cast c’è Francesca Valtorta quale moglie di Pio, ma non basta: l’indicazione tipica è maschile se non sessista. Mancano peti e frizzi, sicché ci dobbiamo accontentare di lassativi anti-bulli e vocalizzi castrati: non si può avere tutto. Pio e Amedeo sono drammaturgicamente più belli di Belli ciao, e absit iniuria verbis non tutte le frattaglie vengono per nuocere.