Dovendo affidare la creazione di universo televisivo condiviso che possa abbracciare diverse realtà produttive e distributive del mondo, un prodotto seriale realmente globale e globalizzato, a chi la affidereste? Amazon Studios deve aver avuto lo stesso pensiero quando, nel 2018, ha deciso di contattare i fratelli Anthony e Joe Russo per creare una serie di spionaggio che non fosse solo ambientata in giro per il pianeta, ma che potesse generare seguiti e spin-off che si incastrassero con la narrazione principale fino ad arricchirsi, sulla scia di ciò che i Russo fecero per il Marvel Cinematic Universe.

Il risultato è Citadel, la serie Prime Video che i Russo hanno prodotto con la loro società AGBO a partire da un soggetto di Josh Applebaum e Andre Nemec (che poi si sono defilati dal progetto) con la conduzione di David Weil come showrunner. La serie racconta dell’agenzia spionistica internazionale che dà il titolo alla serie, colta nel momento in cui, sulle Alpi italiane, viene distrutta da Manticore, un’organizzazione criminale che ricorda da vicino la Spectre dei racconti di James Bond. Otto anni dopo, i pochissimi agenti sopravvissuti hanno perso la memoria e si sono rifatti una vita, tranne Orlick (Stanley Tucci), una sorta di coordinatore dell’agenzia, che sta rintracciando i suoi due agenti migliori rimasti in vita, ossia Conroy (Richard Madden) e Nadia Sinh (Priyanka Chopra Jonas), per cercare di dare nuova vita a Citadel e affrontare di nuovo Manticore, che sta ordendo per costruire un nuovo ordine mondiale.

Citadel (Paul Abell/Prime Video)
Citadel (Paul Abell/Prime Video)

Citadel (Paul Abell/Prime Video)

Con 300 milioni di budget dichiarati, 50 a episodio, dovuti anche a numerose scene girate ex-novo dopo la cura Weil (che dalla sua ha creato per Prime Video serie come Hunters e Solos) sulla sceneggiatura e l’assetto generale del racconto, Citadel è per Prime Video e Amazon un nuovo investimento fuori scala nel mondo della narrazione per il piccolo schermo e lo streaming, pensati stavolta però come vero investimento, perché concepiti anche come fondo per realizzare i quattro spin-off finora ideati, quelli in India e in Italia già pianificati (il nostrano avrà Matilda De Angelis come protagonista e sarà prodotto da Cattleya) e le derivazioni spagnole e messicane in via di definizione.

Da questo ingente esborso di denaro è venuta fuori una serie di puro intrattenimento spettacolare, che parte dal modo fantasioso con cui la grande narrativa spionistica ha reimmaginato il lavoro di agenti segreti e criminali, cominciando dall’archetipico 007 e passando per il Jason Bourne di Robert Ludlum (romanzi) e Tony Gilroy (sceneggiatore della serie cinematografica) per approdare ad Alias, la serie tv di inizio millennio creata da J. J. Abrams che forse è il più bel prodotto seriale su spie e affini.

Come nello show con Jennifer Garner, in Citadel troviamo il Bene e il Male ben delineati e riconoscibili, i doppi e tripli giochi che da un gruppo spie ci aspettiamo, memorie e passati da ricostruire (Conroy ha perso contezza di ciò che era, ma come il Bourne di Matt Damon, ciò che ha dimenticato la mente lo ricorda il corpo, e se stuzzicato scatta con riflessi prodigiosi) e soprattutto, per l’economia narrativa della serie, una storia d’amore complicata tra passato e presente, verità e bugie, ricordi veri, falsi e presunti, quella tra i due protagonisti, che una volta incontratisi nuovamente dovranno far fronte a ciò che erano e rendere conto a ciò che sono, alle vite che fanno, alle famiglie che in quegli otto anni si sono creati.

Ovviamente, non è un dramma romantico, quindi niente mélo né riempitivi languidi - o meglio, ce ne sono ma contenuti - ma è il tocco sentimentale che arricchisce la ricetta che per il resto prevede una certa onestà nel mantenere ciò che si è promesso, ossia azione, spettacolo irrealistico e divertimento senza troppi pensieri, sebbene gli accenni allo scenario geopolitico possano far venire voglia di qualcosa, ovvero profondità, che a Weil e ai Russo ovviamente non interessa (esemplare il modo in cui l’influenza alla propaganda e alla creazione di bugie su scala mondiale sia messa di sfondo al terzo episodio).

Volendo estremizzare, tutta la serie è racchiusa in un certo senso nel suo lungo prologo: un treno di lusso che sta correndo veloce tra le montagne e i laghi al confine con la Svizzera, due affascinanti personaggi che stanno cercando un uomo misterioso, mentre flirtano in modo sempre più sfacciato, lasciando intendere un passato burrascoso tra di loro e poi azione di tutti i tipi, sparatorie, corpo a corpo, acrobazie e catastrofe dopo la quale appaiono i titoli di testa. In pratica, Bullet Train condensato in un quarto d’ora.

Citadel (Courtesy of Prime)
Citadel (Courtesy of Prime)

Citadel (Courtesy of Prime)

Il resto della serie, ovviamente, non può andare in quella direzione e in questo, la struttura narrativa e produttiva di Citadel, vicina proprio alla tv anni ’00 di cui Alias era punta preziosa, viene in soccorso: proprio come si faceva nelle serie deluxe di ABC o Fox di quell’epoca, Weil mette in piedi episodi di tre quarti d’ora, capaci di mescolare l’anima orizzontale della storia, il suo sviluppo nell’arco narrativo complessivo, con la costruzione verticale del singolo episodio, mette un paio di importanti sequenze d’azione a episodio, piazza colpi di scena e cliffhanger a ogni svolta e si impegna a disegnare i personaggi - che sono poco più di cliché - molto più che ad approfondirli (potrebbe farlo nella seconda stagione, già confermata).

Il tutto condito però da location - vere o digitali -, effetti speciali, stunt e valori produttivi sempre più alti, improponibili per la tv di 20 anni fa. Alla fine dei conti, questa schizofrenia si fa sentire, la serie sembra ancora in divenire e la scelta di due attori tanto belli quanto poco in parte non aiuta: ma se si esce dalla logica con cui giudichiamo oggi le serie tv e torniamo all’ottica del divertimento e dello spettacolo per passare il tempo, non possiamo negare a Citadel di farlo come si deve.