La musica mette le ali agli spiriti liberi e si rivela la linfa vitale di folli e sognatori. In tanti sperano di vedere lo scintillio delle luci della ribalta, ma in pochi raggiungono il successo. Il palcoscenico è un tiranno che chiede il suo tributo, e Martino Piccione è pronto a pagare il prezzo. Lui è un uomo di mezza età che ha consacrato la sua esistenza alla chitarra, alle tournée in giro per l’Italia, al fianco di Jovanotti, Elisa e Bennato. Vorrebbe sfondare, diventare il numero uno e godersi le urla dei fan, ma rimane sempre nell’ombra. I riflettori lo ignorano e il suo nome è solo uno dei tanti.

Dopo l’ultimo concerto con Jovanotti, Martino torna a casa, in un paesino dell’entroterra pugliese simile al Far West. Chi m’ha visto è una commedia western dai toni scanzonati, che gioca con i suoi protagonisti per divertire la platea. Giuseppe Fiorello e Pierfrancesco Favino si rivelano la strana coppia del cinema italiano e convincono con battute esplosive e gag che fanno ridere di gusto. I due si cuciono il film sulla pelle e cercano di far dimenticare la melassa che scorre a fiumi. Il finale fin troppo zuccherino rischia di far naufragare l’intera storia, ma l’inganno funziona anche quando le corde smettono di vibrare.

Favino interpreta Peppino Quaglia, un cowboy di provincia che cavalca un’Ape dai forti toni nostalgici. Durante il giorno sorseggia sambuca al “saloon” e la sera si lancia sulla pista da ballo, cercando di rimorchiare la ragazza di turno. L’attore ha sempre dimostrato di avere mille volti, e riesce a destreggiarsi tra generi diversi, dalla commedia, al thriller, alla grande produzione straniera. Questa volta parla in dialetto, e si maschera da spalla fedele di un artista fallito che, prima di ritirarsi, vuole concedere un ultimo spettacolo. Martino decide di scomparire, perché solo la sua assenza può farlo brillare. Ha quarantotto anni e questa è la sua ultima possibilità.

In un mondo dove l’immagine è tutto, lui decide di nascondersi in un casolare abbandonato, dove manca anche la corrente elettrica. Questo è l’unico modo per farsi notare, in un’Italia che rifiuta i nuovi talenti. La critica sociale è solo abbozzata, e il regista Alessandro Pondi spinge l’acceleratore sui siparietti colorati e sulla bravura dei suoi interpreti. Favino e Fiorello si caricano Chi m’ha visto sulle spalle e riescono a farlo funzionare nonostante alcune pecche (veniali) di sceneggiatura.

 

Martino è prigioniero di se stesso, della sua ambizione smisurata, e forse di chi gli vuole bene. La sua assenza in fondo è un raggio di sole per il paese: gli affari di Peppino decollano, la chiesa si riempie di fedeli che pregano per il suo ritorno e un angolo sperduto della Puglia attira finalmente l’attenzione dei telegiornali. Ma la ricerca della felicità passa davvero attraverso la fama? Tocca a Martino scoprirlo, mentre gli approfittatori sghignazzano attorno a lui.