Si può essere celebrativi senza essere didascalici, autoreferenziali con il gusto del racconto, larghi pur raccontando un pezzo di storia che ormai appartiene a pochi. Carosello in Love è, sì, un garbato e brillante omaggio che la Rai fa a se stessa, un’operazione che lavora sulla legacy aziendale per restituire un repertorio mitopoietico in una forma accattivante, ma anche un bel racconto popolare sull’ottimismo del dopoguerra, sull’emancipazione femminile, sui cambiamenti della società dello spettacolo, sull’evoluzione dei costumi.

E anche una storia d’amore fondata sull’intramontabile schema “enemies to lovers” (due personaggi che prima si detestano e poi si scoprono innamorati) e sulla chimica tra i due protagonisti, i freschi e rampanti Ludovica Martino e Giacomo Giorgio, che interpretano due dipendenti Rai le cui vite sono legate a Carosello.

Carosello in Love
Carosello in Love

Carosello in Love

Si conoscono da sempre, vivono a pochi metri di distanza l’uno dall’altra e si ritrovano nello stesso ambiente di lavoro: lei si fa strada grazie a intuizioni all’avanguardia (la scelta degli sketch per promuovere i prodotti e assecondare le richieste degli sponsor), lui è un regista che sogna il cinema d’autore ma gira pubblicità.

Carosello in Love li segue per vent’anni, incrociando la storia della televisione con quella del loro amore che non sa stare al mondo. Un progetto, quello di raccontare il capitolo di un grande romanzo collettivo facendo incontrare personaggi reali con altri finzionali ma funzionali allo sviluppo degli eventi, caro alla Grøenlandia di Matteo Rovere e Sydney Sibilia (pensiamo, a vario titolo, alla reinvenzione crime di Lidia Poët, alle versioni romanzesche dei biopic Mixed by Erry, Diva futura e Hanno ucciso l’Uomo Ragno), che con Carosello in Love trova una delle sue migliori produzioni.

Carosello in Love
Carosello in Love

Carosello in Love

Sarà, forse, per il tono un po’ dimesso che evita esagerazioni, la leggerezza del tocco, l’afflato super pop all’altezza della platea di Rai 1, ma anche per la regia limpida di Jacopo Bonvicini, la sceneggiatura dritta di Simona Coppini e Armando Festa, la ricostruzione d’epoca che sembra riecheggiare le scenografie degli stessi caroselli.

Ci sono bei momenti, dal divertente “agguato” in trattoria a Marcello Marchesi (che fu autore di molti sketch) alla ripresa del Carosello con Mina che esegue L’ultima occasione (canzone perfetta per descrivere quel momento e prova di forza per Bonvicini: carrello circolare, campo e controcampo, effetti vertigo, i magnifici primi piani di Martino e Giorgio) ma il pre-finale con il filmino è un colpo al cuore da grande commedia romantica.