Già orfana di madre, la piccola Eve vede morire sotto i suoi occhi il padre, ucciso dai sicari di un’oscura setta. Divenuta adulta, si addestra, tra balletti, arti marziali e poligono di tiro sotto l’ala protettiva della Ruska Roma e diventa kikomora del clan slavo. Segue una delicata missione protettiva in quanto punta di diamante della setta. Ma la ballerina-assassina svicola presto dalla missione: vuole vendetta in solitaria del padre ucciso contro la temibilissima, quanto ramificata setta nemica.

Pensato sin dal 2017 come variante femminile e parallela all’universo John Wick, poi trasformato in corsa in spin-off collocato tra il terzo e il quarto capitolo del franchise, Ballerina si fa anche cross-over della saga con l’epifania di Keanu Reaves nei panni consueti di Baby Yaga. 

Bastano questi elementi per carpire l’anima produttiva di un thriller monolitico, muscolare e fracassone con punte splatter (gratuite perché reiterate a iosa) che non convince sin dalla scelta della protagonista: scalzata Unity Phelan (che incarnava Eve Macarro in Jhon Which 3), Ana De Armas si fa Ballerina per canonizzare nell’immaginario collettivo la sua versatilità recitativa (tentata e fallita in parte con The Grey Man) oltre lo stereotipo della femme fatale infida e oggettificata (Blonde su tutti, ma anche Eden, Ghosted, No Time to Die, Blade Runner 20249 e Acque profonde). Ma l’attrice cubana non si scrolla di dosso, anche nei frangenti più cruenti, l’aura liliale e piacente su cui ha costruito la sua ribalta. In fondo De Armas non è una ballerina, né una marzialista, né una cecchina. E, pur se i frangenti action sono dignitosamente coreografati, si vede.

Intorno a lei, inoltre, ruotano i soliti noti, oltre Reaves (con cui De Armas torna a recitare dopo Knock Knock), il compianto Lance Reddick, Ian McShane e una matronale Angeljca Houston immortalata alle spalle d’una variante pittorica di Giuditta e Oloferne che più esplicita metafora non può offrire.

La regia di Wiseman, pur con qualche pregevolezza stilistica (notiamo, per brevità, solo il dolly in zoom out prima e zoom out poi sulla protagonista in macchina assaltata dal fuoristrada nemico), si rifugia in immaginario, estetica e atmosfere già esplorate dalla saga, anzi da tutte le saghe del genere: missione solitaria a difficoltà crescente, nemici letali, ritmo incalzante, fondali scuriti (l’autore della cinematografia è Romain Lacourbas, ormai veterano del genere), muri sonori, è un terzo atto che è solo una sarabanda di stragi e proiettili.

Questo anche perché la sceneggiatura di Shay Hatten batte testardamente il sentiero più noto del revenge movie: trauma infantile, elezione, addestramento, missione collettiva, vendetta personale con tanto di finale che apparecchia il sequel, a questo punto sicuro, dato l’exploit del film Oltreoceano. 

Ci si aggiunga che, lungi dall’autodeterminarsi da sé, la protagonista tra scarpette a punta, coltelli, mazze, asce, pistole, fucili e lanciafiamme, avrà comunque bisogno di John Wick per ripararsi dai rovesci della sorte. Per cui, altro che svolta femminista della sala com’è stato sbandierato il film in sede di presentazione oltreoceano: Ballerina è solo una piatta conferma entro immaginario e cardini tematici di John Wick messi sulle spalle di un nuovo personaggio. 

Poco importa, dunque, se a compiere il percorso non sia (più, per il momento) un uomo ma una donna. Come sentenzierebbe il docente e critico Rocco Moccagatta è solo “lo Zeigteist del momento”.