Non piove da mesi nell'entroterra brasiliano e le previsioni non dicono nulla di buono. Se la natura soffre e muore - e l'uomo con lei -, per ragioni diversissime e scabrose il padre di chi presta televisivamente il volto a quelle previsioni viene ucciso. Il paesello (immaginario) è Valle Rocha, nello stato del Pernambuco. Nasce un problema, che si affianca a quello atmosferico: il corpo del vecchio non può essere sepolto se prima il figlio non rende omaggio alla salma. La nonna è categorica, vegliando il marito: che puzzi o meno, la bara non si chiuderà e lui rimarrà in esposizione fino all'agognato abbraccio tra il vivo e il cadavere. C'è fretta, dunque, bisogna spicciarsi. Il giovane Jonas parte da Recife, in autobus, e incontra subito una giovane regista di documentari alle prese con l'acqua, l'aridità e un santone che da quelle parti sembra compiere strani miracoli. Gli si accodano tre amici di spasso e di spinelli, che andranno a ficcarsi, naturalmente, nei guai. Preparato senza troppa cura, il viaggio inizia. Un enorme, afosissimo sole trasmuta la vita in morte, accoglie pensieri e preoccupazioni, genererà mutazioni di aspettative e di esistenze, produrrà vendette ed esemplari dissonanze. Ancora un road-movie, dal Brasile infuocato - arido appunto - per un film che si presta invece ad una lettura vitalistica e colorata, quella che Lírio Ferreira fa oscillare tra le paure di una patria in via di dolorosa modernizzazione ed i rimpianti, all'opposto, orgogliosamente legati alla propria storia, indigena, meticcia o moderna che sia. La giovane documentarista, investita dalla new-age idrica del santone barbuto, rimarrà irretita, nel bene, dalle sue parole. Giudizio e castigo sommario troveranno i loro sbocchi illegali sotto il sole del Pernambuco, il quale, se nel frattempo si ostinerà a non eclissarsi per far spazio alla pioggia, almeno illuminerà quale saggezza antica e qualche nuovo amore. La fine del mondo, comunque, è ancora lontana.