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Elina Knihtilä e Pirjo Lonka in 100 litri di birra - Foto Rami Rusinen
Nel paesino di Sysmä, in Finlandia, due sorelle di mezza età, Taina (Pirjo Lonka) e Pirkko (Elina Knihtila) portano avanti una tradizione di famiglia producendo il sahti, particolare birra artigianale.
“Da queste parti nessuno nasce, muore e soprattutto si sposa senza sahti”.
E proprio per il matrimonio della terza sorella, la minore, Taina e Pirkko sono chiamate a preparare i 100 litri di birra che danno il titolo al film di Teemu Nikki, regista finlandese che dopo gli apprezzati Il cieco che non voleva vedere il Titanic e La morte è un problema dei vivi, torna nelle sale italiane (dopo vari passaggi, dalla Festa di Roma al Biografilm) con un'altra commedia bizzarra e dissacrante, stavolta ad alta gradazione alcolica.
"Il bere non è un tema nuovo nel cinema finlandese, ma io voglio raccontare questa storia a modo mio, attraverso gli stilemi della black comedy. Il film non parla di alcolismo, ma delle sue cause", dice il regista, nativo proprio di Sysmä, piccola comunità che naturalmente diventa coprotagonista (non solo geograficamente) del racconto tutto.
Che non tradisce le atmosfere (a)tipiche del country-western di matrice nordica, popolato da figure trasandate e borderline, contrapponendo però al classico stile kaurismakiano (nume inarrivabile, regista che su alcolismo e cinema ha costruito una biofilmografia irripetibile) la cifra di un tragicomico mai sussurrato o sobrio, tutt’altro: 100 litri di birra è un’odissea del devasto, tra sensi di colpa inevasi (la sottotraccia del film è tutta incentrata su un incidente d’auto avvenuto nel passato in cui la futura sposa perse una gamba...), rivalità letali con vicini e parenti (il cugino a sua volta produttore di sahti, su tutti), beffe del destino e, soprattutto, quella continua tensione tra il voler “assaggiare” la bevanda aromatizzata al ginepro e il proposito (sempre rimandato) di smettere di bere per sempre.


Il regista Teemu Nikki - ItsAliveFilms
Teemu Nikki spinge sul pedale del parossismo fisiologico, in alcuni casi lasciandosi andare platealmente (la scarica di diarrea sul cassone del pick-up...), in altri lasciando intendere pregressi irrisolti (il rapporto tra le due sorelle, il rapporto tra queste e il padre, pure lui “leggendario” produttore di stahl), in ogni caso prediligendo i codici del grottesco e la grana grossa.
Ingredienti capaci di strappare qualche risata, indubbiamente, soprattutto quando l’apparato del film prende le forme dell’heist-comedy: Taina e Pirkko hanno solamente 48 ore (anzi 24) per tentare di recuperare i 100 litri di birra che avevano promesso di portare al matrimonio. Perché quel “sahti da 10 punti”, a furia di “assaggiarlo” dopo averlo prodotto è pure terminato.
E i postumi della sbornia sono solo il principio di una disavventura che le costringerà a girovagare tra feste di laurea e quant’altro per sgraffignare più taniche possibili: ma prima di rubarle che fai? Non assaggi?...
Risate facili a parte, cosa rimane? Da bere praticamente nulla, un certo senso di desolazione e la presa di coscienza che per cambiare veramente vita bisogna anche svincolarsi da certi affetti tossici.