“Mi sento italiana perché la mia infanzia, che è il periodo costitutivo di una persona, l’ho passata in Italia. Ma mi sento anche francese perché a nove anni mi sono trasferita lì. Sono fatta di tutto questo, come una torta, non sai dove sono la farina e le uova. C’è una pasta che sarei io”. Parola di Valeria Bruni Tedeschi che si racconta alla masterclass di apertura dell’ottava edizione di Rendez Vous, il festival del nuovo cinema francese.

Attrice, regista e sceneggiatrice, sorella di Carla Bruni, Valeria durante la sua carriera ha vinto quattro David di Donatello come migliore attrice protagonista per La seconda volta (1996), per La parola amore esiste (1998), per Il capitale umano (2014) e per La pazza gioia (2017).

E proprio in occasione di quest’ultima premiazione ricevuta ha fatto uno dei discorsi più belli sentiti negli ultimi anni, ringraziando tra i tanti Basaglia, la sua psicoanalista, la mamma, De André e Natalia Ginzburg.

Un discorso che ha commosso e divertito la platea e che è diventato ben presto virale. “Volevo utilizzare quel momento per dire delle cose che sentivo anche se ero timida”, commenta l’attrice che ha vinto la statuetta grazie alla sua interpretazione di Beatrice nel film di Virzì. “Paolo è un regista importante che sarà sempre un punto di riferimento per me. Del personaggio che ho interpretato in La pazza gioia mi è rimasta la possibilità di essere liberi e di non avere un super io così onnipresente come invece ce l’ho io nella vita. È un film che mentre lo facevo mi sorprendeva”.

Il suo prossimo lungometraggio, il sesto da regista, si intitola Les estivantes ed è ambientato in Costa Azzurra e probabilmente lo vedremo al festival di Cannes. Nel cast ci sono Valeria Golino e Riccardo Scamarcio. “È un film sulla gente in vacanza. C’è anche mia madre che recita. Sono stata contenta di filmarla perché è estremamente precisa, bella e fotogenica. Mi piace anche il rapporto che abbiamo quando lavoriamo perché è meglio di quello che abbiamo nella vita. C’è anche una mia zia che a novantaquattro anni ha fatto il suo primo film da attrice!”, racconta Valeria.

 

Una carriera divisa tra teatro e cinema, ma anche tra l’interpretare film e il dirigerli. Quali le differenze? “Con il teatro ho un rapporto più faticoso e più intimidito rispetto al cinema. È più religioso e sacro. Trovo più grave fare una cosa media lì che sul grande schermo. Da regista mi occupo poco del mio lavoro di attrice perché non ho il tempo. È come essere un genitore che non riesce vestirsi perché deve occuparsi dei propri figli. Mentre un attore è più simile a un bambino che può giocare”. Poi scherzando aggiunge: “Sogno da sempre di lavorare con Woody Allen. Ora che in America sembra che nessuno voglia più lavorare con lui magari ho qualche possibilità. Per me i suoi film sono come una medicina”.

A proposito degli scandali sessuali che hanno travolto Hollywood e del movimento MeToo dice: “Tutto quello che è successo dà un vento di libertà in tutti i mestieri. È un momento storico. Io personalmente non ho mai avuto problemi, forse perché non ho mai attratto nessuno o perché avevo i mezzi economici, ma non mi sono mai sentita obbligata o imprigionata. Ho sempre potuto decidere tranquillamente se salire nella suite del Ritz o meno. Non riesco a sentirmi completamente in empatia con il movimento delle attrici, ma mi ci sento con quello delle donne. Una donna può decidere se non subire più o meno e questo è importante”.

 

Poi sulla sua formazione da attrice racconta che: “Tutto conta sia quello che dà gioia che quello che non dà gioia. Ho fatto corsi di teatro proprio brutti con maestri che mi hanno complessata, ma tutto fa esperienza. Io ho seguito alcune scuole di teatro e ho cercato molto di avere degli insegnanti. Poi ci sono attori che non fanno corsi e sono bravi lo stesso. Quello che è importante è la ricerca, ma anche la pigrizia è interessante”.

Tra le doti che secondo lei deve avere un buon attore ci sono: il lasciar vedere qualcosa di se stessi e il coraggio di essere ridicoli. Lei sicuramente le ha entrambe.  Infine con il suo atteggiamento etereo e la sua voce dal tono basso rivela di sentirsi di fare parte di un’altra epoca. “Non è la mia epoca quella dei social e non lascio entrare il mondo di Internet nella mia vita perché mi sembra che mi prenderebbe tantissimo tempo. Preferisco leggere un libro o non fare niente”, confessa Valeria. E anche questo è un pregio.