Dal 18 al 25 giugno si svolgerà la cinquantottesima edizione del Pesaro Film Festival. Per l’occasione, ne abbiamo parlato col direttore artistico Pedro Armocida.

Sette anni da direttore artistico. Come si sente?

Un periodo lungo può dare la possibilità di mettere in scena un’idea di cinema. Analizzando più edizioni, si può avere una lettura anche unitaria. Serve il tempo per esprimersi. Da un punto di vista personale, mi sento sempre molto coinvolto. Passano gli anni, ma tendenzialmente le strutture dei festival restano simili. Dipende dagli spazi che si hanno a disposizione. Averne in più o in meno oppure dover cambiare luogo determina poi lo svolgimento, le nuove spinte. Ho sempre lavorato sui linguaggi, che sono po’ il fulcro della nostra storia, della ricerca, del festival. E secondo me non devono essere toccati. C’è una grande attenzione al cinema d’autore. Vogliamo proporre opere inedite, come i videoclip, che è veramente difficile vedere sul grande schermo. È una questione di esperienze.

Che cosa dobbiamo aspettarci quest’anno?

Giochiamo su più aspetti. Il concorso è aperto a tutti i formati, dai corti, ai medi e ai lunghi. In giuria ci saranno registi importanti, come lo spagnolo Carlos Casas, e attori come il nostro Tommaso Ragno. Casualmente lui è un interprete di Nostalgia di Mario Martone che, dopo essere stato a Cannes, arriverà a Pesaro. L’evento speciale è dedicato a Martone. Non si tratta di una retrospettiva, ma di una prospettiva sul futuro. Ci sta sorprendendo con più film in pochi mesi, è molto attivo. Il concorso è il futuro, Martone è il presente, il passato invece ci piace ricordarlo a modo nostro. Si ha sempre il timore che ormai sia stato omaggiato tutto. Invece non è così. Quest’anno è il centenario dalla nascita di Jonas Mekas, che è stato anche nostro ospite. Proporremo alcuni suoi film restaurati. E poi Pasolini, Tognazzi Gassman, Luciano Salce, che è stato un po’ dimenticato. Ancora: focus su autori italiani come Anna Marziano e Riccardo Giacconi.

Qual è il futuro dei festival?

Propongono modelli consolidati che tutti conosciamo. Sono ottimista, non credo nella morte del cinema. È un’arte in trasformazione. I festival allo stesso modo continueranno a esistere, seguendo la linea di chi li organizza. Bisogna puntare anche su elementi particolari: proiezioni a mezzanotte, performance con molti proiettori, come facciamo quest’anno. Serve originalità. Ci saranno anche incontri e tavole rotonde.

Quali sono i temi del festival?

Non ne abbiamo uno preciso. Però con una serie di partner importanti, tra cui Emergency, siamo attenti al sociale e a tutto ciò che è green. Da questa edizione ospitiamo anche un premio legato alla disabilità.