Il suo ultimo romanzo Lo spazio bianco (Einaudi) è diventato un film di Francesca Comencini con Margherita Buy, che uscirà dopo l'estate ed è in predicato per la prossima Mostra del Cinema di Venezia: alla quarta prova narrativa, con alle spalle una fresca carriera già baciata dal successo e riconoscimenti prestigiosi come un Campiello Opera prima e una "cinquina" allo Strega, Valeria Parrella arriva dunque anche al cinema. E' l'occasione giusta per chiederle cosa pensi dei rapporto tra letteratura, sceneggiatura e grande schermo. Ti piace, o temi, l'idea della trasposizione cinematografica de "Lo spazio bianco"?Ne sono onorata. E poi, come si dice? Non perdo niente: se il film è bello tutti compreranno il libro, se è brutto diranno che il romanzo era meglio. A parte gli scherzi: ho gioito alla notizia che la regia sarebbe stata della Comencini, e dopo aver osservato la Buy sul set rileggendo il libro ormai vedo la sua faccia. Quale libro vorresti trasporre in cinema?Non so, ma da tanti film vorrei trarre un libro. Intanto dal 2 al 22 novembre sarà in scena al Teatro Mercadante di Napoli una mia piéce intitolata "Ciao maschio", come il film di Marco Ferreri con Depardieu. C'è un collegamento con lo scoramento maschile raccontato da quella pellicola: la protagonista è una donna di sessanta anni che in una sola notte incontra tutti gli uomini della sua vita. La interpreterà Cristina Donadio, per la regia di Raffaele Di Florio. Qual è la differenza tra l'occhio dello scrittore e quello del regista?L'occhio è lo stesso, è la bocca, la voce che cambia. Mi dicono spesso che scrivo in modo cinematografico, e in effetti al computer "vedo" la scena come in un piano sequenza. Non conosco la macchina da presa, ma è come se osservassi le parole mentre le cerco. Hai mai pensato di scrivere un film da un tuo libro?Non solo quando scrivo non penso al cinema, ma nemmeno a chi leggerà il libro. Qual è secondo te la miglior dote di uno sceneggiatore?   Lo sceneggiatore deve capire quello che il regista vuole ma non sa di volere. E' un maieuta: tira socraticamente fuori dall'altro ciò che inconsciamente ha in sé, e altrimenti scriverebbe da solo.