Mestiere, origine, ridere, confidenze, politica: 5 capitoli, tappe di avvicinamento a quel uomo che fu, e rimane a essere, Mario Monicelli, anche se sembra così lontano quel giorno in cui decise di dare il taglio finale alla sceneggiatura della sua vita. Cinque registi, ognuno con una propria storia con Mario: decidono di unire la loro idea di incontro con il Maestro Monicelli, per realizzare un corpo unico che aiuti a ricordare ciò che la sbadataggine di un colpo di tosse nel corso del tempo, soprattutto in territorio italiano, tende a far archiviare, e passare. Mario Canale, Felice Farina, Mario Gianni, Wilma Labate, Annarosa Morri realizzano così Monicelli. La versione di Mario, passato nella nutrita sezione Venezia classica, da visitare con attenzione. Grazie alla sinergia produttiva che si è creata tra Orme Sas e Nina film srl, in collaborazione con Rai Cinema, Cinecittà Luce e Surf Film, sono venuti alla luce questi 83 minuti di incontro con una personalità mai banale, diretta, semplice e complessa allo stesso tempo, con il dono di dire, anche a far male, la verità. E chi c'è passato ammette che anche questo era del tutto necessario… Lui che avrebbe voluto solo scrivere, ma come spesso succede, si è dovuto adattare a far qualcos'altro, che neanche voleva…
Cinque tempi che scandiscono l'incontro avvenuto qualche anno fa in una giornata particolare tra Wilma Labate, Felice Farina e Mario Gianni, e quello compiuto a più riprese, nel corso del tempo, tra Mario Canale e Annarosa Morri, in un'opera fatta di suoi primi piani, interviste con i tanti protagonisti della sua storia, della nostra storia. Perché nel cinema di Monicelli quello che si rivela è  l'uomo, in quella specie particolare che è italiana, tanto da mostrare in 63 film  la trasformazione che i passaggi epocali e sociali, nei costumi e lacune, che hanno scandito la nostra storia, gli(ci) hanno fatto subire.
Spezzoni di film, foto d'archivio, la sua Viareggio, e i primi passi nel cinema agli stabilimenti della Tirrenia, nata prima della romana Cinecittà; la sua prima opera, di cui ci sono in circolazione solo degli spezzoni di pellicola, Pioggia d'estate; l'Africa; Roma, dove per iniziare aveva fatto il “ciakkista”. E ancora il rapporto con le donne, lui considerato un misogino, capace invece di realizzare film come Le infedeli, Speriamo che sia femmina.
Un uomo che non avrebbe mai condiviso con nessuno i segreti più intimi, a partire dalle sue compagne – 5 rapporti importanti ricorda in mezzo ai suoi “disastri” – preferendo vivere solo, come ha fatto fino alla fine. Capace di dire a Chiara Rapaccini, la sua ultima compagna, “Ti Amo” una sola volta, di notte, convinto che stesse dormendo, ma invece… Un uomo che a novant'anni era ancora più motivato a dire la verità, verso gli italiani, l'Italia, la politica, attaccando, scalpitando, per scuotere, risvegliare un popolo, dopo secoli di sottomissione, auspicando finalmente una rivoluzione: tanto a quell'età che gli avrebbero mai potuto fare? Uguaglianza, giustizia, diritto al lavoro per lui i diritti inalienabili per ciascuno. Lui, che, pensava di non far ridere, e invece lo faceva eccome, ma con quella qualità della risata che fa male e fa pensare; lui, che, come ci ricorda un disegno, non era mai stato alle Maldive. Ma che era stato qui, con noi, fino alla fine.