Da studentessa secchiona e lentigginosa a superstar canora del web. È la storia di Belle, protagonista dell’ultimo film del maestro d’animazione giapponese Mamoru Hosoda. Dopo la standing ovation all’ultimo Festival di Cannes, il suo nuovo attesissimo anime, in concorso ad Alice nella città, uscirà al cinema il 20 gennaio distribuito da Anime Factory – etichetta di Koch Media - in collaborazione con I Wonder Pictures.

“Questo è il film che ho sempre desiderato fare”, racconta Mamoru Hosoda, che per la storia si è ispirato sia alla tradizione occidentale, la fiaba francese de La bella e la bestia di Madame Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve (“una storia che mi piaceva fin da quando ero bambino e che tutti conoscono. Sono rimasto molto colpito anche dal film della Disney del 1991 e non penso che fosse necessario fare un sequel nel 2017, ma questi sono gusti”), sia alla tradizione orientale, La storia del poeta che si trasformò in tigre di Atsushi Nakjima.

Nel film Suzu, una liceale di diciassette anni, entra in un mondo virtuale con cinque miliardi di membri online e lì diventa Belle, un avatar di fama mondiale per la sua voce straordinaria. Il suo incontro con un drago misterioso la porterà ad intraprendere un viaggio ricco di avventure, sfide e amore, alla ricerca della sua vera natura.

“Attraverso quell’alter ego la protagonista si realizza anche nella sua vera realtà- spiega-. È un altro mondo che aiuta a trovare la propria identità. Anche noi, attraverso i film, arricchiamo la nostra realtà e questo è un tesoro per noi”. E sulla sua infanzia racconta: “Non ho tanti ricordi fantastici di quel periodo. Anzi. Sono stato anche vittima di bullismo. La mia famiglia non è stata centrale e per questo motivo, per la legge del contrappasso, ora ne sento la mancanza”.

Tra i più importanti sceneggiatori e registi del cinema d’animazione a livello mondiale, già candidato all’Oscar nel 2019 per il film Mirai, e a sei anni da The Boy and the Beast, Hosoda sostiene che non c’è differenza tra un anime e un live action. “Fino agli anni settanta e ottanta i generi erano molto marcati- dice-. Le categorie erano più nette. Oggi i confini sono diventati più grigi. Per questo film sono stato invitato a Cannes per le dinamiche che trattavo e non perché era un’animazione. L’animazione non è un genere, ma è una modalità di espressione. Nel tempo è diventato più importante cosa vogliamo esprimere e raccontare”.

I tempi cambiano e cambia anche il modo di fruire i film, ma Hosoda ribadisce l’importanza della sala cinematografica. “Belle è stato fatto per il grande schermo- dice-. È un’opera che va vista e respirata nei cinema e mi dispiacerebbe se fosse vista solo sulle piattaforme. È anche vero che, grazie a Netflix, Amazon e Disney Plus, molte persone sono riuscite a scoprire l’animazione e il suo lato divertente. Ma bisogna anche pensare che sulle piattaforme noi registi diventiamo dei meri fornitori e non deteniamo più i diritti e questo, in futuro. potrebbe diventare un problema”.

In Belle le musiche e le canzoni hanno ovviamente grande importanza nella storia. “Il canto è un elemento fondamentale, ma non è l’unico perché nel film è solo un mezzo. Suzu, attraverso il canto, cresce e trova sé stessa nella propria realtà”. E poi conclude: “Mi auguro che anche i nostri ragazzi e quelli che vedranno questo film trovino qualcosa che riecheggi in loro. Durante la pandemia tutti ci siamo rinchiusi in casa e su Internet e penso che l’arte sia un mezzo per liberarsi”.