Chiusura in bellezza. L'atteso Hereafter di Clint Eastwood si vedrà domani in anteprima europea al festival di Torino. A fare da testimonial saranno la bella e brava Cecile De France e Thierry Neuvic (nel film collega e fidanzato). La critica americana è rimasta al solito spiazzata. Eastwood non è mai uguale a se stesso. Affronta ogni argomento, qualsiasi esso sia, con sguardo diverso. Qui i protagonisti sono la morte e l'aldilà, il dilemma con cui siamo costretti a convivere. Come raccontarli? Eastwood ha da poco compiuto 80 anni ma è profondamente lucido, si interroga sul futuro senza rinunciare a quella vena sentimentale, costante nei suoi lavori, che unita al rigore che lo contraddistingue, ne fa il grande regista che conosciamo. Perché non c'è nessuno come lui, altrettanto versatile, coraggioso e lontano dai riflettori.
In fondo all'anima è rimasto il cowboy di Sergio Leone, rude ma solo in apparenza, l'attore che per tutta la vita ha osservato e imparato dagli altri. A incominciare dall'amico e mentore Don Siegel a cui deve Dirty Harry (Ispettore Callaghan, il caso Scorpio è tuo!), ruolo che ha segnato profondamente la sua carriera e gli è rimasto appiccicato nel bene e nel male. Parallelamente, con la sua casa di produzione Malpaso, Eastwood ha realizzato il suo disegno personale, scrivendo la controstoria americana opera dopo opera (Brivido nella notte, esordio dietro la macchina da presa è dello stesso anno di Dirty Harry, '71). La lista è lunga: 50 anni di cinema, oltre 30 da regista. Con l'unico obiettivo di sperimentare, al di là di generi e classificazioni. I due lavori più recenti, Gran Torino e Invictus, sono l'espressione della sua fortuna altalenante al box office: il primo ha incassato oltre le aspettative, l'altro, su Nelson Mandela e la fine dell'Apartheid, non ha avuto quel successo popolare, a cui Eastwood per una volta aspirava. Ma è risalito in sella, Matt Damon ancora al suo fianco, collante di Hereafter. Un inizio mozzafiato: lo Tsunami del 2004 in Thailandia ricostruito alle Hawai e negli studi Pinewood di Londra. Tre episodi ambientati in posti lontani: una giornalista francese (Cecile De France) sopravvissuta alla catastrofe, decide di scrivere un libro, un sensitivo americano (Damon) è perseguitato dal suo dono, un ragazzino inglese cerca di contattare il fratellino appena scomparso. Lo sceneggiatore Peter Morgan (The Queen, Frost/Nixon) ha scritto il copione dopo aver perso un caro amico e Spielberg, che lo coproduce, lo ha passato a Clint. Che cosa c'entra Eastwood con l'aldilà, si sono chiesti in molti. La migliore definizione l'ha data lui stesso: “E' un film sul senso di mistero e di incompletezza che appartiene a tutti noi”. Preparate i fazzoletti.