“Questo film mi ha cambiato moltissimo: volevo fare il regista da tempo, e ce l'ho fatta. Sono cambiato in questo anno e mezzo di lavorazione, e con me anche Joaquin Phoenix: spero per lui che possa essere un cambiamento verso la redenzione”.
Così Casey Affleck, attore nominato all'Oscar (Jesse James) e al debutto dietro la macchina da presa con I'm Still Here: the Lost Year of Joaquin Phoenix, documentario sul suo celebre cognato, che aveva annunciato il proprio ritiro dal set per fare il rapper.
Tra performance canore più o meno infauste, l'ex attore sniffa, prenota escort, maramaldeggia gli assistenti, a cui viene ricambiato con parentesi scatofila, e alterna catatonia a escandescenze, cercando di farsi produrre il disco da Puff Daddy, incontrando colleghi quali Ben Stiller, Sean Penn e Bruce Willis e facendo scena muta al David Letterman Show, mentre il suo aspetto si avvicina pericolosamente a quello di un clochard.
La domanda è una sola: vero o falso? “Non ho ancora discusso il film con altri, so bene come possa  nascere confusione su reale o non reale, ma bisogna che un cineasta rispetti la privacy, ancor più nel caso di una celebrity. In ogni caso, le speculazioni, che sono già partite da tempo, non mi stupiscono, ma l'idea dello scherzo, l'idea dell'imbroglio o della candid camera prima che altri ne parlassero non mi era mai venuta in mente”, puntualizza Casey Affleck. Lui, perché Joaquin Phoenix non si presenta in conferenza stampa: “Joaquin è qui a Venezia, sta cercando di sostenere il film, non si nasconde e spero ci darà suo sostegno. Come? Sta a lui decidere”.
Per linea guida quello che Gus Van Sant gli disse sul set di Da morire, dove recitava pure Joaquin Phoenix: “Lascia che siano i temi a trovare se stessi”, I'm Still Here “è un ritratto empatico, non sento repulsione per JP, anzi, per lui provo dei sentimenti: ora lo capisco meglio, e non credo possa venire compromesso da questo film”, prosegue Casey, che al Lido troverà il fratello Ben, pure lui Fuori concorso con The Town.
Rivelando di avere avuto “accesso totale alla vita di Joaquin per un anno e mezzo: questo era l'accordo”, Affleck parla di “un film che riguarda anche me in prima persona: pure un documentario, ovviamente, può venire manipolato dal regista”. E conclude con un auspicio: “Che il pubblico entri in sala con un'idea e ne esca con un'altra”.