“Abbiamo avuto l'ambizione di raccontare il bilancio di vecchi compagni di scuola 20 anni dopo, come ha fatto Verdone in Compagni di scuola e Paolo Genovese in Immaturi. Aprendo alla speranza, ovvero al secondo tempo della vita”. Parola dei fratelli Carlo (regista) ed Enrico (co-sceneggiatore con Enrico ed Edoardo Falcone) Vanzina, che il 10 aprile tornano in sala con Un matrimonio da favola, prodotto da IIF e Rai Cinema e distribuito da 01 in circa 400 copie. Nel film, cinque compagni di liceo – Adriano Giannini, Giorgio Pasotti, Emilio Solfrizzi, Ricky Memphis e Stefania Rocca - si ritrovano due decenni dopo la maturità: l'unico ad aver fatto carriera (Memphis) li invita al suo matrimonio a Zurigo con la figlia (Andrea Osvart) del ricco banchiere per cui lavora, e ne succederanno delle belle tra equivoci, bugie e insospettabili verità… “Sembra una commedia francese, e oggi suona come un complimento”, dice Enrico Vanzina, mentre Carlo tesse le lodi di Andrea Osvart – “La nostra Grace Kelly” – e rivela assonanze e ispirazioni, “da Quattro matrimoni e un funerale a Tre uomini e una pecora, passando per Il grande freddo, ma questo è un film comico”.Nel cast corale anche Paola Minaccioni, Riccardo Rossi, Ilaria Spada e Max Tortora, Pasotti parla della “sfida di nascondere l'omosessualità del mio personaggio, lasciandola solo trasparire: serviva misura per non cadere nella macchietta”, la Rocca, definita dai Vanzina  “una Shirley MacLaine”, sottolinea il potere della “amicizia che ti apre gli occhi e ti fa vedere la realtà”, mentre Solfrizzi, la Minaccioni per moglie e la Spada per amante, descrive Un matrimonio da favola quale “una commedia reale, uno spaccato di vita con leggerezza, in cui io interpreto il personaggio più meschino e miserabile della mia carriera”. Ancora, se Max Tortora si autodefinisce “romano disturbatore”, e rivela la passione sua e dei Vanzina per Alberto Sordi: “Lo imitavo tra un ciak e l'altro”, Memphis ha il ruolo del “cornuto, tragicomico per eccellenza”, mentre la Spada quello dell'amante, “e non è mai simpatico, nella vita come nella commedia, ma qui è un personaggio con una tragedia propria”.Ma lo spettro di Hitchcock non torna solo con Grace Kelly, perché i Vanzina rivelano un aneddoto, alla base del personaggio del “zio” interpretato da Tortora: “A Hitchcock era venuta voglia di fare un film più comico e aveva chiamato per la sceneggiatura Age e Scarpelli, che gli avevano servito la storia di un italiano che diventava direttore dell'Hotel Beverly Hilton a Los Angeles e invitava i suoi parenti: questi erano tutti ladri e nella varie stanze c'erano divi del calibro di Cary Grant…”.