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Dalla Val d'Aosta un monumentale tributo ai Beatles. Cinque mesi di omaggi al quartetto di Liverpool, che prendono il via al Noir in Festival di Courmayeur. Dopo la presentazione del restauro di Help, a breve disponibile in dvd, è ora la volta di "Arrivano i Beatles - Storia di una generazione", la ricchissima mostra allestita al Museo Archeologico di Aosta, grazie a Enzo Gentile e al prezioso contributo del collezionista Umberto Buttafava. Cimeli, memorabilia e oggetti di culto da ogni angolo del pianeta, esposti fino al prossimo 4 maggio col dichiarato intento di fornire una dimensione del "fenomeno Beatles": "La Beatlesmania esplose a partire dal '64 come una vera e propria onda d'urto - spiegano i curatori - con effetti tuttora mai eguagliati. Da misconosciuto gruppo che si esibiva negli scantinati di Liverpool, nel giro di un paio d'anni i Beatles divennero punto di riferimento e stelle di prima grandezza per milioni e milioni di giovani di tutto il mondo, dando vita a uno scontro generazionale, poi culminato col movimento della contestazione". Una portata planetaria, di cui parlano già i numeri, ricordati dai pannelli delle prime sale: ben 73 milioni in occasione della loro prima apparizione televisiva all'Ed Sullivan Show, gli spettatori che seguono l'esecuzione in mondovisione di All You Need is Love, raggiungono già i 400 milioni. Cifre da capogiro, di un fenomeno che sopravvive inossidabile ai decenni, arrivando fino a noi. Le oltre 60 milioni di pagine che appaiono oggi in rete, digitando il nome del gruppo, sono il frutto della febbre scoppiata fin dalla loro nascita. Degli anni d'oro fra il '63 e il '70, in cui ogni disco dei Beatles balzava subito in testa alle hit parade, sono in mostra centinaia di copertine da ogni angolo del pianeta. Classici come Help e Strawberry Field, ma anche titoli incomprensibili, stampigliati sulle edizioni giapponesi, che fanno il paio con l'unico 78 giri mai pubblicato dal gruppo e destinato al mercato indiano. Un appeal globale e senza tempo, quello dei Fab Four, che trova conferma nella varietà di oggetti in mostra: si spazia dai francobolli e le monete a loro dedicate dai paesi più esotici ai fumetti che li ospitano nelle loro strisce, come quelli di Asterix, dello storico Summerlove e, in Italia, quelli disegnati da Jacovitti o pubblicati dal Giorno. Fra memorabilia e improbabili oggetti da collezione come vassoi, tazzine e addirittura scatole di fiammiferi, spicca l'ironica scelta di giocare sulla traduzione di Beatles, "scarafaggi", per pubblicizzare una marca di naftalina. Chicche imperdibili sono poi le foto in cui Patrizia Wachter, l'ufficio stampa del festival, allora poco più che bambina, posa col gruppo o si vede sbucare alle loro spalle dalla scaletta dell'aereo. Ragione della sua inaspettata presenza è l'importantissimo ruolo allora svolto dal papà Leo: l'impresario che per da noi primo ha creduto nei Beatles e li ha portati in Italia.