"Un film universale, una storia sulla colpevolezza e su come siamo in grado di affrontarla". In Caché non c'è nessun intento politico preciso si affretta a chiarire il regista austriaco Michael Haneke, in concorso al festival di Cannes con un film, prodotto anche dall'italiana Bim, in odore di Palma d'Oro. Eppure Caché (titolo emblematico che in italiano si traduce "nascosto") sembra proprio voler richiamare alla memoria dei francesi la questione algerina e le sue drammatiche conseguenze. Lo fa attraverso una storia intima e personale, quella di Georges (interpretato da Daniel Auteuil), un giornalista e presentatore televisivo, la cui vita si trasforma in un vero incubo a causa di una serie di videocassette che gli vengono recapitate anonimamente a casa. I video mostrano le immagini del suo portone di casa e di quello che avviene nei dintorni. E' l'inizio di un incubo, per lui e per la moglie (Juliette Binoche). Le cassette arrivano di volta in volta impacchettate in fogli di carta che ritraggono, in maniera infantile, un bambino che sanguina dalla bocca o un pollo sgozzato. Indizi, questi ultimi, che collegati alle immagini della sua casa d'infanzia, portano il protagonista a sospettare di un uomo conosciuto, quando era ancora un bambino, ma soprattutto fanno riaffiorare in lui ricordi e sensi di colpa a lungo sopiti: aveva appena sei anni quando la coppia di domestici algerini che lavorava presso la sua famiglia andò a Parigi per partecipare, nel '61, ad una gigantesca manifestazione del Fronte Nazionale che chiedeva la liberazione d'Algeria e l'uscita dei Francesi dal Paese. 200 algerini furono uccisi e i corpi buttati nella Senna. Rimasto orfano il bambino venne adottato dalla famiglia di Georges, ma quest'ultimo riusci' con una menzogna a far sì che il bambino venisse mandato in un orfanotrofio. Nel film scorrono anche le immagini dell'Iraq di oggi, con in primo piano l'ex responsabile italiana Barbara Contini che chiede in tv più coordinamento tra le forze e il Presidente Ciampi in visita nella base di Nassirya. "Non vorrei che passasse per un film sulla questione algerina - dice Haneke -. Sono tanti i Paesi, oltre alla Francia, che hanno vicende nascoste di cui si preferisce non parlare". La chiave di tutto resta la vicenda personale di Georges: "Al lui accade di distruggere la vita di qualcuno, ma questo può capitare, il punto del film è come Georges affronta le conseguenze del suo gesto".