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Martin Scorsese riceve il Premio alla Carriera alla Festa del Cinema di Roma. Lo consegna Paolo Taviani, suo amico da sempre. “Un lavoratore instancabile, un regista innamorato dell’amore e del cinema, un santo pieno di problemi. Scorsese ha una grande fortuna: ha una fiducia illimitata in se stesso”.
Maestro di ieri e di oggi, nella sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica, Scorsese ha parlato del cinema italiano. È un esperto, nel 1999 ha realizzato un documentario di oltre quattro ore (Il mio viaggio in Italia), che già nel titolo contiene un omaggio al capolavoro di Rossellini. Durante la serata ha scelto nove film, per raccontarci la sua formazione, da Antonioni a Fellini, da Visconti a Germi.
Si parte con Accattone di Pasolini. “Un’esperienza potente, l’ho visto per la prima volta al New York Film Festival nel 1963 o 1964. Mi sono totalmente identificato con i personaggi. Sono cresciuto in una realtà difficile, che mi ha permesso di comprenderli, anche se non conoscevo Pasolini. Mi hanno colpito i riferimenti religiosi: il protagonista muore tra due ladroni, la prostituta si chiama Maddalena… Nella loro disperazione rivedo la santità”. E sul neorealismo: “Quelle storie rappresentavano il mondo reale, anche se ero troppo piccolo per avere un’idea di che cosa fosse il cinema”.


Per omaggiare Rossellini, ha scelto di mostrare una clip de La presa di potere di Luigi XIV. “Ha reinventato la settima arte. A metà degli anni Sessanta ha iniziato a portare sul grande schermo vicende storiche, didattiche. Si sente la potenza di Velázquez, di Caravaggio. Usava il dettaglio per trasmettere il senso di un mondo. Mi sono ispirato al suo stile. Una volta l’ho incontrato per caso per le strade di Roma. Era il 1970. Abbiamo camminato insieme per un po’. Io gli dicevo quanto era bello La presa di potere di Luigi XIV, lui mi rispondeva che il suo unico obiettivo era educare”.
Da Rossellini a De Sica, con Umberto D.: “Una delle pellicole più importanti del neorealismo. Racconta una società che cambia, dove gli anziani non sono più rispettati. Una volta ci si prendeva cura di loro. Adesso sono abbandonati”. Il posto di Olmi: “Il distributore americano il primo giorno lo fece vedere gratis nelle sale importanti di New York. Quello di Olmi è uno stile scarno, quasi documentaristico, pieno di purezza. Lo sento vicino a me, ha significato molto quando ho girato Toro Scatenato”.

