Ambientato a Los Angeles, nel 1937, il film ha per protagonista J.J. Gittis, un investigatore privato specializzato in infedeltà coniugali, che lavora con due assistenti (Walsh e Duffy). Gittis è incaricato da una donna, che si presenta come la moglie di Hollis Mulwray (importante esponente dell'amministrazione comunale), di indagare sugli incontri clandestini di quest'ultimo con una ragazzina.
Quando Mulwray viene trovato annegato, Gittis continua per proprio conto l'inchiesta. Scopre così che l'enigmatico Evelyn, la vera vedova del morto, che si offre di collaborare con lui, è la figlia di Noah Cross, un pezzo grosso che specula sulle acque pubbliche: ed è proprio Cross che ha organizzato la morte di Mulwray, che terrorizza Evelyn e tiene sequestrata in casa sua l'altra sua figlia quindicenne (la stessa che si accompagnava con Mulwray).
Alla fine Evelyn viene uccisa dalla polizia - per ordine di Cross - mentre cerca di scappare con la sorella (e quest'ultima tornerà sotto l'ambigua custodia del padre).

La critica americana ha apprezzato, ma con riserve, questo nuovo film di Polanski, sceneggiato dallo stesso Robert Towne a cui si deve L'ultima corvé (The Last Detail) di Hal Ashby. Tutti hanno rilevato la somiglianza di questo detective con il Marlowe di Raymond Chandler, di cui Gittis ripropone lo stile e il mondo morale. Secondo Jay Cocks del Time "il film è diretto da Polanski con una sorta di calma tensione, interrotta da momenti di improvvisa violenza...Il meglio del film è nell'interpretazione. Il Gittis di Nicholson è un intelligente saggio di recitazione, divertente e insieme avvincente, anche se Polanski e Towne non gli consentono di utilizzare in pieno il suo talento...Chandler faceva di Philip Marlowe un idealista paladino. Per Polanski e Towne invece, Gittis è semplicemente un protagonista che non mette niente in gioco, una specie di geniale guida per attraversare il ginepraio del racconto...Polanski e Towne hanno realizzato una pungente ed elegante ricostruzione d'ambiente. Ma la sceneggiatura implicava anche delle questioni morali e delle implicazioni politiche che non vengono mai approfondite fino in fondo".Variety (Murf.), che loda soprattutto l'interpretazione di Jack Nicholson, Faye Dunaway e John Huston. Sullo stesso piano valuta il film anche Mitchell S. Cohen di Take One, il quale fra l'altro rileva: "Gli ingredienti consueti al cinema di Polanski: la giovane donna in pericolo, le scene scioccanti di violenza e l'umorismo macabro, sono posti ai margini Chinatown, con risultati incoraggianti...In ultima analisi Chinatown, che è nello stesso tempo insieme un omaggio agli ambienti del passato e un'originale variazione formale...evidenzia in Polanski un talento più complesso di quello che era apparso finora".
Secondo Alberto Arbasino (Corriere della sera), con Chinatown Polanski "ha messo a punto una trionfale trama nera che è l'epitome di tutti i John Huston e Howard Hawks, di tutti i Bogart e le Bacall, di tutti i Grandi Sonni e i Misteri del Falco, film però intorno agli anni Quaranta. Ma qui ha spostato tutto indietro di una decina d'anni. Così ottiene due scopi. Offre al designer Richard Sylbert e a sua moglie, superbi nel rivivere con eleganza spasmodica i caratteri stilistici di un'epoca visti attraverso i film più significativi di quella stessa epoca, la grande chance di emulare con successo gli struggenti lussi onirici eprenatali del Conformista di Bertolucci. ;a rimescola intanto nella trama nera e nello chic storicizzato un forte elemento roosveltiano-sociale ricavato dalla letteratura populista fra Depressione e New Deal che piaceva a Vittorini...Chinatown è in realtà un film del Quaranta girato nei Settanta in ambienti del Trenta".

Il film sembra inquadrarsi nella moda del "revival", nell' "operazione nostalgia" programmata dai cineasti hollywoodiani e di cui è testimonianza anche il recupero di uno scrittore tipicamente "anni trenta" come Raymond Chandler (di cui non acaso è stato ripreso l'anno scorso Il lungo addio, ridotto per lo schermo da Robert Altman); e Chinatown promette di ripetere in tutto il mondo un successo commerciale paragonabile a quello raggiunto dallo stesso Polanski al tempo di Rosemary's Baby.

*Aldo Bernardini, da La Rivista del Cinematografo n°9-Settembre 1974