Un documentario sul baseball perché “è una forma di american dream, ha lo stesso senso di speranza e di anticipazione”. Ma per Steve Bartman diventa american nightmare, e il doc è uno spaccato sul capro espiatorio, sul dolore e sul quel “posto oscuro dove si finisce se non ottieni ciò che vuoi”. Alex Gibney, premio oscar per Taxi to the Dark Side, ricostruisce in Catching Hell (documentario in Concorso ne L'Altro Cinema| Extra) la storia di un fan dei Chicago Cubs che, sfiorando una palla da baseball, manda all'aria la stagione della sua squadra del cuore e la sua vita. Diventato in un pugno di minuti la personificazione delle maledizioni che da 96 anni si abbattono sulla squadra, Bartman “è un bravo ragazzo, ispira fedeltà” ma “quando hai qualcosa che proprio non riesci a spiegare la scaramanzia aiuta a dormire meglio”.
Il documentario è una seduta dallo psicanalista, la macchina da presa entra nella testa dei fan e ripercorre la spirale perversa della sovraesposizione mediatica (il prossimo doc di Gibney sarà su Wikileaks). La “pornografia dei media” dal profano al sacro, con tanto di citazione dal Levitico e interpretazione biblica del capro espiatorio. Il baseball è uno dei giochi “inventati per scaricare la rabbia, ma è così da secoli, pensate al Colosseo”. “Credo nel credere alla scaramanzia” e di Bartman, Gibney dice: “Porta avanti una sorta di causa personale, ha rifiutato centinaia di migliaia di dollari pur di non apparire, è un po' sciocco”. Ma la redenzione arriva? “Nel 1986 il capro espiatorio era Bill Buckner, che uscendo allo scoperto si è riappropriato della sua vita. Ma per Bartman potrebbe essere diverso, e non credo di poterlo salvare con il mio documentario”.