20 titoli in concorso e 24 in Un certain regard. Almeno tre i colpi grossi: Sofia Coppola, Paolo Sorrentino e Alejandro Gonzalez Iñarritu. Della Marie Antoinette della Coppola jr. si vocifera da tempo, la data di uscita, ottobre negli Stati Uniti e 10 novembre da noi, la davano in pole position per la kermesse veneziana. Anteprime ambite anche L'amico di famiglia di Sorrentino, che torna a Cannes per la seconda volta in competizione e Babel di Iñarritu. Registi diversi, storie diverse, Sorrentino affronta il tema dell'usura da una prospettiva inedita e pericolosa, Iñarritu intreccia quattro plot tra Marocco, Tunisia, Messico e Giappone. Il fato e una tragedia uniscono la sua Babele hollywoodiana.  Ma in concorso ci sono anche Richard Kelly e Guillermo del Toro e Fremaux punta su di loro come grancassa del festival. Kelly, classe '75 (è il più piccolo di tutti), archiviato Donnie Darko, presenta Southland Tales con The Rock, audace e visionario sguardo sul futuro prossimo degli Stati Uniti. Politico in salsa horror-fantasy Il labirinto del fauno di del Toro, ambientato nella Spagna franchista. Tra i nomi spuntano quelli di vecchi amici, troviamo Ken Loach con The Wind that Shakes the Barley, sulla guerra di indipendenza irlandese, Aki Kuarismäki che conclude la trilogia finlandese con Lights at the Edge of the City e Pedro Almodóvar  che con Volver guida uno squadrone di cinema "latino": un quinto del totale dei film sono infatti di nazionalità spagnola, italiana e portoghese. C'è da registrare inoltre un ingrossamento nelle file europee, tra competizione e Un certain regard sono circa quindici, con una punta allargata che viene dall'Est (Romania, Ungheria, Polonia, Lituania). Gli Stati Uniti confermano le posizioni della scorsa edizione, padroni dell'overture (Il Codice Da Vinci) e dei gala con i fuori concorso X-Men: conflitto finale e il lungometraggio animato La gang del bosco, la Francia corre con un terzetto niente male sulla carta: Nicole Garcia  dirige Jean Pierre Bacri e Vincent Lindon in Selon Charlie, Bruno Dumont, che nel '99 fece incetta di premi con L'umanità, porta il provocatorio Flandres e Xavier Giannoli tira le fila di un magnifico Gérard Depardieu in Quand j'etais chanteur. Il grande sconfitto della 59ª edizione è invece l'Asia, proprio nell'anno in cui due giurati sono cinesi: il presidente Wong Kar-wai, a cui il festival dedica addirittura il manifesto, e la bella Zhang Ziyi. C'è un solo film in concorso, Summer Place di Lou Ye, secondo indiscrezioni una bellissima peggio gioventù orientale. Migliore ma pur sempre esigua la rappresentanza asiatica in Un certain regard (Luxury di Wang Chao, Recycle di Oxide e Danny Pang e Unforgiven di Yoon Jong-bin). Da segnalare la duplice presenza di Richard Linklater: in competizione con un documentario-shock sul cibo spazzatura e lo sfruttamento degli immigrati clandestini (East Food Nation) e in Un certain regard con il fantasy d'animazione A Scanner Darkly, ispirato a Philip K. Dick. L'Italia è tanta e schiera Moretti contro Sorrentino con Il Caimano, Marco Bellocchio in Un certain regard, Monica Bellucci in giuria. Era dal 2001 che due film italiani non concorrevano per la Palma d'Oro (Moretti vs. Olmi, vinse Moretti), la vera sorpresa però è l'esordiente Kim Rossi Stuart  che con Anche libero va bene  potrebbe davvero vincere il premio Camera d'Or.