URANUS

URANUS

FRANCIA 1991
Durante la primavera del '45, in una piccola città della provincia francese, l'ingegnere Archambaud ospita a casa sua dei senzatetto cui i bombardamenti hanno tolto tutto. C'è il comunista Gaigneux con la famiglia, c'è Watrin, che sotto le bombe ha perduto anche la moglie. L'ingegnere vive nella prudenza e nella circospezione, mentre Gaigneux si impegna politicamente in vista delle prossime elezioni; Watrin, dal canto suo, ha trovato nella tragedia una sorta di beata serenità. Gli equilibri precari della casa si spezzano quando l'ingegnere vi nasconde un collaborazionista ricercato in tutta la città.
SCHEDA FILM

Regia: Claude Berri

Attori: Michel Blanc - Gaigneux, Philippe Noiret - Watrin, Michel Galabru, Gérard Depardieu - Poeta, Fabrice Luchini, Jean-Pierre Marielle - Archimbauld

Soggetto: Marcel Aymé

Durata: 100

Genere: COMMEDIA

Produzione: THIN MAN FILMS

Distribuzione: BIM - PANARECORD

NOTE
ULTIMA REVISIONE MAGGIO 1992.
CRITICA
Una commedia di spessori drammatici, acida di ipocrisie e di eroi senza gloria ideologicamente ambigua, intimamente sensuale, attraversata da forti contrasti di sentimenti. (Claudio Trionfera, Il Tempo).
Berri ha alleggerito un pò l'anticomunismo del libro di Marcel Aymè da cui è tratto il film. Ma non si può dire che ci vada leggero, anche se distribuisce in eguale misura il suo sdegno su quasi tutti i personaggi. (Irene Bignardi, La Repubblica).
Portato alle stelle da buona parte della critica parigina, ha avuto tiepide accoglienze da quella internazionale, e nel nostro piccolo anche noi siamo rimasti delusi. (Giovanni Grazzini, il Messaggero) Forse perchè "Uranus" ha l'aria di violare il tabù che circonda gli anni dell'occupazione, alcuni critici parigini l'hanno preso sul serio. Ma si tratta di un filmetto ridondante e sguaiato, dove il regista lascia le redini sul collo a una squadra di campioni della recitazione troppo consapevoli di essere dei fuoriclasse; e dove solo il diafano Blanc riesce a contenersi in una misura efficacemente intimista. (Tullio Kezich, Il Corriere della sera)