Il mio amico Eric

Looking for Eric

3/5
Cantona manda in gol i sentimenti della working class: la giocata di Ken Loach, tra risate e collettività

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BELGIO 2009
Il postino inglese Eric Bishop è sempre più alla deriva. Sua moglie lo ha abbandonato lasciandogli in custodia i figli (che lei ha avuto da un precedente legame) ormai completamente fuori controllo e la casa è un disastro. Eric cerca conforto e aiuto dai suoi amici, ma loro non sono in grado di trovare una soluzione soprattutto per fargli riconquistare Lily, la donna che ha sempre amato. Ma c'è qualcuno che potrebbe aiutarlo con alcuni saggi insegnamenti: il suo idolo calcistico Eric Cantona...
SCHEDA FILM

Regia: Ken Loach

Attori: Steve Evets - Eric Bishop, Éric Cantona - Se stesso, Stephanie Bishop - Lily, John Henshaw - Meatballs, Gerard Kearns - Ryan, Steve Marsh - Zac, Stefan Gumbs - Jess, Lucy-Jo Hudson - Sam, Justin Moorhouse - Spleen, Des Sharples - Jack, Dylan Williams - Daisy, Cole Williams - Daisy, Max Beesley - Padre di Eric, Laura Ainsworth - Lily ragazza, Matthew McNulty - Eric ragazzo

Sceneggiatura: Paul Laverty

Fotografia: Barry Ackroyd

Musiche: George Fenton

Montaggio: Jonathan Morris

Scenografia: Fergus Clegg

Durata: 116

Colore: C

Genere: SPORTIVO DRAMMATICO COMMEDIA

Specifiche tecniche: 35 MM

Produzione: KEN LOACH E REBECCA O'BRIEN PER SIXTEEN FILMS, LES FILMS DU FLEUVE, BIM, WHY NOT PRODUCTIONS, CANTO BROS.

Distribuzione: BIM - DVD: BIM/01 DISTRIBUTION HOME VIDEO (2010)

Data uscita: 2009-12-04

NOTE
- ERIC CANTONA FIGURA ANCHE COME PRODUTTORE ESECUTIVO.

- PREMIO DELLA GIURIA ECUMENICA AL 62. FESTIVAL DI CANNES (2009).
CRITICA
"'Il Dio del cielo nell'altra vita ci aiuterà, perché il suo nome è Cantona'. Dopo 'Gran Torino' ecco arrivare 'Gran Manchester', sulle ali del celebre inno hooligans, di pugni chiusi, cromatismi rosso sangue come le nostre bandiere, e di un montaggio di azioni da gol da capogiro. Questa commedia è una riuscita bestemmia contro il cattivo cinema e contro i «film sul calcio» finora realizzati, e sempre, stranamente, deludenti. (...) Loach svela nel tifo e addirittura nel delirio dell'alienato e della alienata ultras, una taumaturgica tecnica di reazione alle frustrazioni e alle miserie della condizione proletaria che nessun altro, né chiese né partiti né sindacati, vuol attivare. Anzi. Forse perché in GB i Moggi e i Galliani non fanno danni e i Mourinho non devono svendere giocatori rom solo perché glielo ordina il racket tv. 'Se a sinistra la difesa è invalicabile va aggirata a destra, e, soprattutto, non basta sorprendere il centrale avversario, per vincere chi devi sorprenderti. Se non fai una 'finta' riuscita a te stesso perdi'. Prendiamo nota della profezia di Cantona, se vogliamo creare davvero un buon «partito» tutto nuovo." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 19 maggio 2009)

"Loach la spunta grazie a una commedia sull'amicizia e la fratellanza tra i lavoratori inglesi, con un protagonista d'eccezione, l'ex attaccante francese del Manchester United Eric Cantona. (...) Con una linea narrativa forse eccessivamente semplice, ma comunque efficace, il regista inglese strappa applausi e sorrisi. Abbandona il realismo e il disagio delle fabbriche, per realizzare una commedia alla Frank Capra, all'insegna dell'ottimismo e della solidarietà sociale." (Giacomo Visco Comandini, 'Il Riformista', 19 maggio 2009)

"Ken Loach ieri a Cannes è stato osannato oltre le più rosee aspettative. Gli sguardi, gli ammiccamenti, i fotografi, persino gli uscieri sembravano illuminarsi al suo passaggio. Bisogna dire che il merito di tanta adorazione più che suo e del simpatico 'Looking for Eric' è del predecessore in concorso Lars Von Trier. Dopo i martellamenti (letterali) sui genitali maschili e femminili propinatici dal geniale quanto disturbato regista danese, farsi due risate semplici semplici con i prole-protagonisti di Loach è stato infatti per tutti come immergersi nelle acque di Lourdes. Loach comunque se l'è goduta, la bella e sincera popolarità riconquistata ieri a Cannes (del resto, la Palma d'oro per 'Il vento che accarezza l'erba' è di soli 3 anni fa), scherzando e sorridendo ieri tutto il tempo con la stampa. Accanto a lui, l'inseparabile sceneggiatore Paul Laverty, il protagonista Steve Evets e il co-protagonista nonché ispiratore della storia, l'ex campione di calcio (cannoniere del Manchester, dal '92 al '97) Eric Cantona." (Roberta Ronconi, 'Liberazione', 19 maggio 2009)

"La sopresa è che sia riuscito a realizzare una commedia senza tradire le sue idee e l'umanità della working class che racconta con l'affetto di sempre, scegliendo attori e non attori tutt'altro che glamour, ma in grado di comunicare verità in una vicenda controcorrente." (Maria Pia Fusco, 'la Repubblica', 19 maggio 2009)

"Il film è un inno alla solidarietà, usa sapientemente il tifo come metafora di una comunità, e racconta con amore la società britannica. Guardate la scena in cui Steve trova finalmente il coraggio di invitare l'ex moglie al pub: lei arriva, lui è già lì con la sua pinta di birra e le chiede 'cosa bevi?...' lei risponde 'un sidro, Un sidro!' Noi italiani non sappiamo manco che cos'è, ma in Inghilterra è l'alternativa femminile alla birra, la bevanda che molte donne ordinano al pub. Un regista che mette in un film una donna che ordina un sidro non è un regista, è una persona. Una grande persona. Ken Loach." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 19 maggio 2009)

"Divertente dall'inizio alla fine, con una virata drammatica verso la metà per evitare l'inflazione di ottimismo, il film è una miniera d'inventiva declinata in forma semplice e diretta, come di Cantona, inventati dallo sceneggiatore Paul Laverty nello stile di quelli pronunciati dal campione (che si diverte a prendersi in giro) durante la sua carriera. Impagabile il gruppo degli amici del postino, che fanno squadra con lui per proteggerlo dal teppista, interpretati da un gruppo di "secondi ruoli" uno più simpatico dell'altro. E' originale l'approccio col tifo calcistico di Loach, da sempre innamorato del pallone. A giudicare dagli ultimi film inglesi, supporter sembrava il sinonimo di hooligan. Invece Ken ci mostra il lato di sinistra della tifoseria: quello di chi non vuole dare i soldi ai canali di Murdoch ma vive il calcio come un'esperienza di amicizia e solidarietà." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 19 maggio 2009)

"L'efficace anticapitalista Ken Loach stavolta stempera il dramma sociale in beffarda commedia ottimista. Non sbaglia una faccia e tiene la rabbia al minimo sindacale. Ma va spesso in fuorigioco mieloso. Non a caso, la scena migliore è la lite al pub tra tifosi dei Reds e del City in nome della (perduta) bandiera proletaria." (Alessio Guzzano, 'City', 04 dicembre 2009)

"Ken Loach che firma una commedia è una novità tale da scatenare la curiosità dei critici e di quanti ne hanno finora apprezzato l'impegno politico e sociale. Ma fin dalle prime scene 'Il mio amico Eric' si svela per quello che è: un altro film dedicato alla classe operaia, alla quale il regista ha dedicato più di una pellicola. Ne ha raccontato le vicissitudini quotidiane, i problemi, le lotte. Lo ha fatto prendendone le difese, denunciando soprusi e ingiustizie. Stavolta Loach cambia registro, usando l'inusuale leggerezza della commedia, a tratti amara tuttavia, e sempre con lo sguardo attento di chi sa come descrivere i destini della gente comune. (...) Quello nelle sale in questi giorni non è certo il miglior film di Loach, ma è una storia ben girata e ben raccontata, soprattutto credibile, che usa il calcio come metafora della vita, in un accavallarsi di emozioni, dalla gioia all'amarezza, dalla delusione alla speranza. Ma al di là di ciò, l'ironia che leviga le asperità di un'esistenza travagliata e dolente, lo sguardo puntato su una vita segnata e disorientata, l'empatia con la quale il regista segue le vicende del protagonista, al quale come premio regala un finale riconciliatorio, rendono 'Il mio amico Eric' un film denso di umanità, che invita ad avere fiducia nelle persone che si amano e a riflettere sugli errori del passato, suggerendo che c'è sempre una seconda possibilità, un'occasione di riscatto." (Gaetano Vallini, 'L'Osservatore Romano', 6 dicembre 2009)