IL FIGLIO DI D'ARTAGNAN

ITALIA 1949
Raoul D'Artagnan, figlio del Maresciallo D'Artagnan, è entrato in un convento ed è novizio. Quando un misterioso cavaliere uccide il priore, che s'era opposto alla cattura di un corriere di Richelieu, Raoul depone la tonaca e, vestito da cavaliere, si reca a Grecy dove il padre ha il suo quartier generale. Qui fa la conoscenza del duca di Bligny e di Linda, una graziosa pasticciera, alla quale l'avvince presto un tenero sentimento. Raoul si propone di rintracciare e punire il misterioso cavaliere; ma costui tenta di farlo uccidere e non essendovi riuscito, fa in modo che venga accusato di aver trafugato il piano delle operazioni contro i fiamminghi e condannato a morte. La sentenza non viene eseguita, perché Raoul si offre di far saltare la fortezza nemica che sbarra il cammino alle truppe. Introdottosi nella fortezza con de Bligny, Raoul scopre che il misterioso cavaliere è un duca, consigliere militare di suo padre, che fa il doppio giuoco. La pericolosa missione è condotta a termine: le truppe francesi irrompono nella cittadella e il traditore viene ucciso in un duello da Raoul.
SCHEDA FILM

Regia: Riccardo Freda

Attori: Franca Marzi - La Contessa, Carlo Ninchi - D'Artagnan, Piero Palermini - Raoul D'Artagnan, Peter Trent - Duca Di Malvoisin, Mario Meniconi, Furio Meniconi, Miranda Campa, Luigi A. Garrone, Pietro Tordi, Ugo Sasso, Nerio Bernardi, Enzo Fiermonte - Visconte Di Langlass, Paolo Stoppa - Paolo, Nello Meniconi, Gianna Maria Canale - Linda

Soggetto: Riccardo Freda

Sceneggiatura: Riccardo Freda

Fotografia: Sergio Pesce

Musiche: Carlo Jachino

Scenografia: Alberto Boccianti

Genere: AVVENTURA

Produzione: UMBERTO MONTESI E RAFFAELE COLAMONCINI PER AUGUSTUS FILM, API FILM

Distribuzione: AUGUSTUS

CRITICA
"I soggetti avventurosi a sfondo storico hanno notevole importanza in un industria cinematografica, ma vanno trattati con la cura necessaria ad evitare difetti assai più appariscenti che nei film basati su vicende di vita contemporanea. Questo film di Freda è sceneggiato alla garibaldina ed è proprio qui che si possono ritrovare le sue manchevolezze maggiori. Le fasi salienti dell'azione sono state svolte in maniera così incredibile da compromettere quello che ci poteva essere di buono nel lavoro". (A. Albertazzi, "Intermezzo", n. 13 del 15/4/1950).